Londra, 19 dic – La sua ultima provocazione l’aveva riservata per il funerale del suo compagno di avventure Bruce Reynolds, lo scorso marzo, quando dalla sua sedia a rotelle aveva salutato i giornalisti accorsi con il V sign, tipico gesto offensivo inglese. Parliamo di Ronnie Biggs, morto ieri in una casa di cura a Londra all’età di 84 anni, ultimo degli autori alla mitica rapina al treno postale Glasgow – Londra che fruttò alla banda di Reynolds e Biggs un bottino di 2milioni e mezzo di sterline, pari a circa 47milioni di euro. Erano le prime ore dell’otto agosto 1963, il treno si fermò a un semaforo rosso nella zona di Cheddington, in aperta campagna, a circa 38 miglia dalla capitale inglese. Quindici uomini mascherati salirono a bordo, immobilizzarono il macchinista e il meccanico e portarono via denaro e valori.
Sarebbe bastato questo per far entrare Biggs nella storia del crimine britannico, ma lui aspirava ad altro, voleva entrare nella leggenda e ci riuscì, probabilmente, grazie anche al repentino arresto. Processato nel 1964 fu condannato a 30anni di carcere ma riuscì a evadere dopo un anno, dando inizio ad una latitanza che ebbe dell’incredibile. Viaggiò a lungo, attraversò tre continenti e non perse occasione per rilasciare interviste a chiunque glielo chiedesse, alimentando la sua fama e facendo impazzire i vertici di Scotland Yard.
L’apice della sua latitanza lo raggiunse nel 1978, in Brasile, quando incise insieme ai Sex Pistols “No one is innocent”, diventando un’icona punk. Nel 2001, vinto dalla povertà e dalla malattia, decise di consegnarsi alle autorità britanniche; nonostante le pessime condizioni di salute fu carcerato e solo dopo essere stato colpito da due ictus è riuscito a riacquistare la libertà, aspettando la fine dei suoi giorni in una casa di riposo. Inutile aggiungere come Biggs non abbia mai manifestato il minimo rimorso, rivendicando fino all’ultimo il suo “posto nella storia”.
Francesco Pezzuto