Kabul, 14 ago – Continua l’inesorabile avanzata dei talebani verso Kabul, la capitale dell’Afghanistan. I fondamentalisti non stanno praticamente trovando resistenza: le forze governative non sparano e si arrendono. E così i talebani stanno guadagnando sempre più terreno e, città dopo città, sono ormai alle porte di Kabul: solo giovedì avevano sfondato a Kandahar e Herat, seconda e terza città dell’Afghanistan, mentre nelle scorse ore hanno preso possesso di Lashkar Gah e di altri tre importanti capoluoghi provinciali. La sconfitta dell’Occidente è sempre più vicina, ed è sempre più evidente che l’Afghanistan rappresenta per gli Stati Uniti un nuovo Vietnam.

Da ritirata a rotta?

In tutto questo, gli americani stanno accelerando le procedure di evacuazione di Kabul, prossima a cadere in mano ai talebani. Come riferisce la Cnn, che segue in tempo reale gli avvenimenti, «l’ambasciata degli Stati Uniti a Kabul ha invitato il proprio personale a distruggere i documenti sensibili e i materiali che potrebbero venire usati come strumenti di propaganda». I portavoce dell’amministrazione Biden, del resto, avevano annunciato che nell’ambasciata di Kabul verrà lasciata solo «una presenza diplomatica minima» e, inoltre, «l’ambasciata ha garantito un supporto quotidiano per la distruzione del materiale sensibile sia in formato cartaceo sia elettronico», nonché degli «oggetti con loghi di ambasciate o agenzie, e bandiere Usa».

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Talebani alle porte di Kabul

Prossimi a entrare a Kabul, i talebani già si stanno preparando alla gestione del dopo: il loro portavoce Zabihullah Mujahid ha infatti promesso che vi sarà un’amnistia generale per chiunque abbia «collaborato con gli occupanti [americani] o faccia parte dell’attuale governo di Kabul», e garantendo per l’incolumità dei diplomatici stranieri. Nonostante queste promesse, centinaia di migliaia di afgani sono pronte a fuggire. E la destinazione di così tanti profughi già la sappiamo. Anche stavolta, infatti, saranno l’Italia e l’Europa a pagare per disastri dell’imperialismo americano.

Gabriele Costa

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