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Argentina: Kirchner vince il braccio di ferro contro Clarìn

by La Redazione
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kirBuenos Aires, 31 ott – La Corte suprema argentina si esprime a favore del presidente Cristina Kirchner nella disputa sulla legge dei mezzi di comunicazione con il gruppo editoriale Clarìn.

Il massimo tribunale del paese sudamericano ha giudicato costituzionali i quattro articoli  della “Ley  de Medios”, questa legge approvata nel 2009 dal parlamento argentino vieta la formazione di monopoli e regolamenta il settore della comunicazione fissando i limiti per le quote di mercato e per il numero di licenze che possono essere detenute da un singolo gruppo del settore.

La “Ley de Medios consente di detenere un massimo di 24 licenze di TV satellitari, radio o Tv terrestri e non più del 35% di partecipazioni di mercato nel settore audiovisivo.

Il colosso della comunicazione il Clarìn è l’unico a contestare il provvedimento voluto dalla “Presidenta”, di cui è anche il principale oppositore, perché lede i suoi enormi interessi nel mercato della comunicazione. Il Clarìn controlla 237 canali satellitari, 10 licenze radio e canali terrestri e il 59% del mercato satellitare, 42% del radiofonico e 38% del terrestre.  (fonte MRI)

Le principali accuse mosse dal gruppo editoriale riguardano la limitazione dell’uso delle licenza.

Secondo il Clarin la legge violerebbe il diritto alla libertà d’espressione e alla proprietà  privata e potrebbe causare la perdita degli investimenti già sostenuti, per questi motivi i responsabili dell’azienda hanno annunciato di presentare ricorso presso i tribunali internazionali.

Già agli inizi della battaglia giudiziaria, le Nazioni Unite si pronunciarono a favore della legittimità della norma, definendola addirittura come garante del pluralismo informativo, sconfessando coì le accuse del colosso della comunicazione.

Il Clarin, con il via libera all’applicazione della legge da parte della Corte suprema, dovrà adeguarsi come hanno già fatto almeno venti società di comunicazioni concorrenti, tra cui la PRISA (editori de El Paìs) e UNO, senza dover appellarsi alla sempre utile “libertà d’espressione”.

Guido Bruno

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