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Omofobia: dopo il dramma escono gli sciacalli

by La Redazione
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magritteRoma, 31 ott – Doveva essere una veglia per ricordare un ragazzo che si è tolto la vita, si è trasformata nella solita passerella all’italiana per chiedere più legge, più controllo, più divieti, più carcere.

Sabato scorso Simone, 21 anni, si è tolto la vita gettandosi dall’undicesimo piano dell’ex pastificio Pantanella, sulla Casilina. Le indagini sono ancora in corso per stabilire se qualcuno abbia delle responsabilità nel tragico gesto, ma per alcuni personaggi smaniosi di ribalta è tutto già deciso con quella frase lasciata scritta dal ragazzo: “Gli omofobi facciano i conti con la propria coscienza”. Non sappiamo nulla del contesto di queste parole, ma per qualcuno è già abbastanza per chiedere più repressione.

In via San Giovanni in Laterano si è quindi svolta una manifestazione “contro l’omofobia e la discriminazione di genere” che è finita con la solita orgia di proclami forcaioli.

“Vogliamo che il governo estenda le tutele della legge Mancino agli omosessuali con un decreto”, dice Fabrizio Marrazzo, presidente del Gay Center: “La legge attualmente in discussione è invece una legittimazione per alcune categorie a discriminare gli omosessuali”. “Abbiamo il dovere di unire le forze”, aggiunge Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia: “E’ il momento dell’unità, di chiedere alle istituzioni nazionali, al Comune di Roma, alle Municipalità dell’area metropolitana, un impegno che non sia eccezionale ma stabile”. “Questa serata può rappresentare tante cose”, dice l’attivista lgbt Vanni Piccolo. “Innanzi tutto deve rappresentare un momento di dolore della comunità omosessuale. Vorrei poi che fosse un’occasione di riflessione e di raccoglimento e che servisse da stimolo alle istituzioni per passare dal dire al fare”.

Parole che lasciano perplessi. Di fatto non sappiamo nulla delle ragioni che hanno spinto questo ragazzo a darsi la morte. Veniva preso in giro? Era stato aggredito? Aveva altri problemi personali? Prima di poter rispondere a queste domande è vano reclamare interventi della politica.

E come avrebbe potuto, la nuova legge anti-omofobia che tutti auspicano, salvare Simone? Le prese in giro e le frasi di scherno, per esempio, possono essere anche molto crudeli ma difficilmente viene in mente una legge che possa farle estinguere, a meno di non voler piazzare agenti in ogni scuola di ordine e grado, asili compresi. E del resto, pur non sottovalutando la cattiveria a cui può giungere il dileggio, forse chi ne trae motivo per porre fine alla propria vita – gay o etero che sia – avrebbe bisogno di un insegnamento di forza e di carattere più che di una nuova legge.

In questo ha ragione Giuliano Ferrara, quando scrive: “La vita è complicata, l’omosessualità è una variante comune, antica, una libera condizione e insieme una prigionia, e come tale va rispettata, ma non si può escludere ovviamente che, alla stregua di altre condizioni umane, sia origine di problemi, di angosce, di dubbi e di ferite. Il sesso è fonte di gioia e di dolore, così la maternità, la disciplina culturale e familiare, tutto nell’esistenza, sia quando comincia e si sviluppa sia quando si consuma e tende a finire, è pieno di inganni e tradimenti. Piantatela di ridurre a sociologia d’accatto, a fonte di legge,  il dramma personale”.

Se invece Simone è stato aggredito, ha subito violenza o discriminazione, ebbene: qualcuno avrebbe dovuto ricordargli che il nostro ordinamento prevede già meccanismi sanzionatori per questo tipo di condotte. Ma a chi chiede nuove leggi speciali, probabilmente, di Simone non frega nulla, alla fin fine.

 

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