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La baby sposa dell’Isis chiede aiuto: “Non mi pento, ma voglio tornare in Inghilterra”

by Alice Battaglia
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Londra, 16 feb – Aveva quindici anni la studentessa inglese Shamima Begum quando nel febbraio 2015, durante le vacanze scolastiche, scappò con altre due amiche da Londra fino in Siria, per unirsi all’Isis. Oggi ne ha diciannove, e chiede candidamente di tornare in patria.

La Begum, nata in Inghilterra da genitori originari del Bangladesh, partì dall’aeroporto londinese di Gatwick alla volta della Turchia con altre due giovanissime, Kadiza Sultana e Amira Abase: una volta atterrate proseguirono in macchina fino ad attraversare il confine siriano, con l’aiuto di alcuni contatti frutto di incontri virtuali con i reclutatori dell’Isis. Pochi giorni dopo il suo arrivo a Raqqa, Shamima chiese di essere data in sposa a un combattente che potesse comunicare in inglese, tra i 20 e i 25 anni: dieci giorni dopo convolò a nozze con Yago Riedijk, un 27enne convertito olandese e combattente dello Stato Islamico. Da allora sono rimasti insieme, anche nel periodo in cui l’uomo è stato accusato di essere una spia e incarcerato, per essere poi liberato: dalla coppia sono nati anche due figli, un maschio e una femmina, morti poco dopo a causa della scarsità di cure mediche disponibili. I due sono fuggiti da Baghuz – l’ultimo territorio controllato dal Califfato nella Siria orientale – un paio di settimane fa: il marito di Shamima si è arreso a un gruppo di combattenti curdo-siriani e ora lei è una delle 39 mila persone ospitate in un campo profughi nel nord della Siria. La ragazza, nuovamente incinta, non ha più visto suo marito, ma non sembra molto interessata all’argomento: quel che vuole, rivela in una esclusiva intervista con il quotidiano Times, è solo “tornare a casa”.

Alle domande del giornalista Anthony Loyd circa la sua esperienza nella roccaforte dell’Isis, la giovane Begum ha risposto: “Alla fine è stata una vita normale. Sì, ogni tanto c’era un bombardamento, ma a parte questo… insomma, diciamo che quando ho visto la prima testa decapitata non mi ha disturbata: era quella un combattente catturato sul campo di battaglia, un nemico dell’Islam”. Non c’è ombra di rimorso per le sue scelte passate, eppure la ragazza non sembra vedere alcuna contraddizione con la richiesta di tornare nel Regno Unito: “Non mi pento di essere venuta qui, ma alla fine non resistevo, non ce la facevo più. Avevo anche paura che il bambino che sto per partorire sarebbe morto come gli altri miei figli. Così sono fuggita: ora tutto ciò che voglio è tornare a casa in Gran Bretagna, e stare tranquilla con mio figlio”.

Ma la ex “foreign fighter” potrebbe davvero tornare in Inghilterra? Dal punto di vista legale esiste una distinzione tra i veri e propri combattenti e quelli che vengono considerati “sostenitori”. Ai primi, per la maggior parte, il governo britannico ha revocato la cittadinanza, rendendoli di fatto apolidi: si vuole chiaramente evitare che tornino nel Regno Unito. Riguardo ai secondi, invece, il governo di Londra ha optato per una diversa soluzione: non li aiuterà nel nord della Siria, ma se riusciranno a raggiungere un Paese con un governo riconosciuto, vedranno cosa possono fare. A quel punto però esiste la possibilità di perseguire penalmente queste persone per reati legati al terrorismo. Shamima Begum, almeno per ora, non sembra essere preoccupata da questa eventualità.

Alice Battaglia

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3 comments

Jos 16 Febbraio 2019 - 6:03

…perché perderci del tempo… “eutanasia”….

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Michele A. 16 Febbraio 2019 - 7:09

E magari farai anche domanda per ottenere qualche sussidio. Troppo comodo così……….. che ne diresti se stavolta la testa la tagliamo a te, essere inutile e nocivo?

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Piero 17 Febbraio 2019 - 4:08

Bisognerebbe farla rientrare e poi, non appena messo piede in Europa, fucilarla per tradimento e complicità con il terrorismo internazionale.
Invocare la giovane età non commuove: durante la guerra – tanto tra le truppe repubblicane quanto tra le forze partigiane – morivano ragazzi ben più giovani (e per chi lo avesse dimenticato, anche sotto i bombardamenti dei liberatori).

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