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Addio alla Regina: Barbados diventa una Repubblica. E guarda alla Cina

by Eugenio Palazzini
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Barbados, Cina

Roma, 30 nov – I barbudos delle Barbados salutano la Corona britannica e si autoproclamano Repubblica. La Regina Elisabetta II viene dunque rimossa dal suo titolo di capo di Stato, con una cerimonia solenne alla presenza del principe Carlo. Fra gli ospiti, due tra i più celebri “barbuti”: la cantante Rihanna e l’ex stella del cricket Garfield Sobers. Durante l’evento lo stendardo reale britannico è stato ritirato definitivamente. Addio monarchia, addio età coloniale, addio a secoli di sottomissione a Londra. Il governatore generale di Barbabos, Sandra Mason, ha prestato giuramento come primo presidente dell’isola caraibica.

Barbados, i barbuti che rompono con la Corona

Barbados alias Os Barbados (i barbuti, appunto), così ribattezzata dall’esploratore portoghese Pedro A. Campo nel lontano 1536, faceva parte del Reame del Commonwealth dal 1966. Ma a Bridgetown si erano evidentemente stufati del legame con il Regno Unito. L’isola caraibica – di circa 287mila abitanti – è nota tra l’altro per il suo ottimo rum, il mare cristallino e le spiagge paradisiache. E da oggi per essersi staccata dalla Corona britannica.

“Resteremo amici”, ha dichiarato il principe Carlo. Eppure, secondo il Times, l’erede al trono britannico “proverà una punta di rammarico” per la separazione consumatasi. Quest’ultima era comunque stata annunciata lo scorso anno. “È giunto il momento di lasciare completamente alle spalle il nostro passato coloniale. Barbados – dichiarò nel settembre 2020 il primo ministro dell’isola-stato, Mia Mottley – farà il prossimo passo logico verso la piena sovranità e diventerà una repubblica quando celebreremo il nostro 55esimo anniversario di indipendenza”, a novembre 2021.

Una scelta romantica, ma rischiosa

Barbados è la terza nazione nordamericana per indice di sviluppo umano, preceduta soltanto da Canada e Stati Uniti. Da sempre stabile e pacifica, a partire dai primi anni Novanta è considerata come uno Stato business-friendly ed economicamente sano. La disoccupazione è al di sotto del 10% e vanta una sempre più fiorente industria turistica, grazie anche a un boom dell’edilizia e allo sviluppo delle strutture ricettive.

Ritenuta l’isola più chic delle Piccole Antille, è inoltre considerata un vero e proprio paradiso fiscale. A tal punto che l’Italia l’ha inserita nella Black List degli Stati o dei Territori con un regime fiscale privilegiato. Sta di fatto che l’appartenenza al Commonwealth sinora ha portato soprattutto benefici ai “barbuti”. Dunque in questo caso può valere il celebre detto: chi lascia la strada vecchia per quella nuova…

La longa manus cinese

Nessuno pensi poi a svolte gattopardiane. Ai Caraibi tutto cambia davvero e adesso potrebbe entrare in gioco un altro attore, quello più attivo nel neocolonialismo del terzo millennio: la Cina. Secondo il Telegraph il governo di Pechino è da anni attivo a Barbados, con il solito metodo utilizzato altrove: finanzia la costruzione di strade, alberghi, reti fognarie. Circa 500 milioni di yuan già stanziati. E l’influenza del dragone asiatico non si limita soltanto a questa isola caraibica, basti vedere quanto stimato dall’American Enterprise Institute. Pechino avrebbe investito in totale 685 miliardi di sterline in 42 nazioni del Commonwealth. Addio anche all’inglese, ai Caraibi si parla cinese.

Eugenio Palazzini

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1 commento

fabio crociato 1 Dicembre 2021 - 7:00

Resto gattopardiano, con tutto rispetto. Che differenza c’è tra monarchia e repubblica (presidenziale o parlamentare?), oggigiorno?

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