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Brexit, Corte suprema contro Johnson: “Illegale sospensione Parlamento”

by Ludovica Colli
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Londra, 24 set – La Corte suprema britannica ha stabilito che la sospensione del Parlamento decisa dal premier Boris Johnson è illegale. La decisione è stata presa all’unanimità dagli 11 giudici, che hanno precisato di avere la piena giurisdizione su questa materia e chiesto che il Parlamento torni a riunirsi “il prima possibile”. Si tratta di sconfitta schiacciante per Johnson, il quale aveva optato per la sospensione del Parlamento nel tentativo di portare il Regno Unito fuori dall’Unione europea entro il 31 ottobre, con o senza un accordo con Bruxelles. “La decisione di suggerire a Sua Maestà la Regina di sospendere il Parlamento – ha detto la presidente dell’Alta Corte Brenda Hale – è illegale perché ha impedito alle Camere di svolgere le sue funzioni costituzionali senza ragionevoli giustificazioni“. Per il premier la giustificazione più che ragionevole era rispettare la volontà popolare, che nel 2016 si era espressa a favore della Brexit.

Il laburista Corbyn chiede le dimissioni del premier

Il presidente del Parlamento John Bercow ha dichiarato che “la Camera dei Comuni deve essere convocata senza indugi. A questo scopo convocherà urgentemente i capigruppo”. Lo stop alle attività di Westminster fino al 14 ottobre aveva scatenato le proteste dell’opposizione (e non solo), che aveva accusato Johnson di aver violato un diritto fondamentale della democrazia britannica. Immediate le reazioni politiche alla decisione dell’Alta corte. Dal Partito nazionalista scozzese, da sempre contrario alla Brexit, sono già arrivate le prime richieste di dimissioni del premier Tory, condivise dal leader laburista Jeremy Corbyn, secondo il quale Johnson deve “riconsiderare la sua posizione e diventare il primo ministro più ‘breve’ che ci sia mai stato“. Per Corbyn, il leader dei Tory è “inadatto” al ruolo di premier. Per il leader dell’opposizione è quindi giunto il momento di andare al voto “per eleggere un governo che rispetti la democrazia”.

Ludovica Colli

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