Roma, 22 mar – La città di Mariupol, situata sulla costa settentrionale del Mar d’Azov, è un obiettivo strategico d’importanza vitale per la Russia. Il governo ucraino e le autorità locali hanno già respinto l’ultimatum di Mosca: ci sarà battaglia, insomma. Una battaglia decisiva per Putin, a parere di Lucio Caracciolo. Il direttore di Limes, ospite durante l’ultima puntata di Otto e mezzo, ha infatti spiegato in che condizione si trova attualmente il presidente russo, perché Mariupol può in qualche modo decidere la guerra, e quali sono gli scenari che si aprono.
La battaglia di Mariupol
«Probabilmente nei suoi sogni più selvaggi, Vladimir Putin pensava di poter riprendere la sfera d’influenza ex sovietica, ma ad oggi escludo che possa prendere il controllo di tutta l’Ucraina. Ora ha il controllo del Donbass oltre che della Crimea, ma dubito che possa spingersi oltre. Per questo la battaglia di Mariupol è decisiva», afferma il direttore di Limes. Caracciolo spiega così l’importanza della città per Putin: «Se, come è probabile, potrà occupare Mariupol, quantomeno potrà vendere alla sua opinione pubblica una vittoria tattica in Ucraina. Se invece non dovesse andare bene questa operazione, o se si sentisse costretto a ingaggiare battaglia nelle grandi città, soprattutto a Kiev, probabilmente sarà una sconfitta definitiva, forse anche sul fronte interno». Infatti, spiega il direttore di Limes, «come fai a giustificare una guerra del genere se non porti a casa qualcosa?».
Caracciolo analizza la posizione di Putin
La domanda, allora, sorge spontanea: il conflitto in Ucraina rischia di ampliarsi anche alle nazioni limitrofe? «Lo escluderei, almeno in questa fase», risponde Caracciolo, «perché a questo punto Putin ha speso i due terzi della sua forza militare in Ucraina con risultati modesti». In questo caso, inoltre, entra in campo anche la variabile di Washington: «Molto dipenderà da cosa vogliono fare gli americani, se pensano che sia meglio che il presidente russo si impantani per mesi o persino anni in Ucraina, o se temono che si alzi il livello di pericolosità e diventi una guerra mondiale, o con armi non convenzionali, per esempio chimiche. Allora tutto cambia».
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Gabriele Costa