Pechino, 29 ott – Correva il lontano 1979 quando la Cina decise, sull’onda del fortissimo incremento demografico, di varare la politica del “figlio unico”: ciascuna coppia avrebbe potuto mettere al mondo al massimo un bambino. Negli anni successivi furono introdotte delle deroghe, soprattutto nelle zone provinciali più a rischio spopolamento o nel caso il primogenito fosse una femmina, ma l’impianto generale non venne mai modificato.
Figlio unico: si cambia
Trentasei anni dopo, il divieto – famoso in tutto il mondo, specialmente in occidente dove il problema ĆØ semmai il contrario di quello cinese – viene abolito. A deciderlo ĆØ stato, nel corso del suo svolgimento, ilĀ plenum del Comitato Centrale del Partito Comunista. La nuova legge prevede che ciascuna coppia potrĆ avere fino ad un massimo di due bambini.
NovitĆ giĆ dal 2009
Il superamento del limite del “figlio unico” non ĆØ in realtĆ una novitĆ . GiĆ dal 2009, infatti, le autoritĆ di Pechino permettevano alle coppie formate da figli unici di avere due bambini, mentre nel 2013 si era discussa la possibilitĆ di revocare in toto il divieto. Revoca che ĆØ arrivata in questi giorni.
Figlio unico e squilibri demografici
La scelta del Partito Comunista giunge in una fase importante per la Cina. Il gigante asiatico non cresce più come vorrebbe (fa comunque segnare numeri record, ma al di sotto delle aspettative) e deve cosƬ avviare una nuova fase di sviluppo. In secondo luogo, con la politica del figlio unico si sono prodotte storture – e abusi – tali da squilibrare la proporzione maschi/femmine: se normalmente il rapporto ĆØ di 103-107 maschi per 100 femmine, in Cina nel 2008 questo aveva toccato un picco di oltre 120 su 100. Da qui una delle ragioni alla base della scelta condotta dal governo.
Giuliano Lebelli