Roma, 29 ott – Con l’escalation della crisi ucraina e le tensioni dovute all’intervento decisivo della Russia in Siria in supporto delle legittime istituzioni di Damasco, i rapporti tra l’occidente a guida Usa e Mosca sembravano tornati ai livelli di guardia della guerra fredda.
Le ripercussioni di tale stallo diplomatico si sono fatte sentire sopratutto in Europa dove i paesi membri della cosiddetta alleanza atlantica sono rimasti imbrigliati volenti o nolenti nella nuova frattura Est-Ovest.
Tra falchi e colombe, tra fautori del dialogo bi fronte e intransigenti atlantisti anche sui media si era accreditata la vulgata che il mondo fosse sull’orlo di una nuova guerra mondiale imminente che dalla desolata terra del Donbass sarebbe esplosa in tutto l’emisfero occidentale.
Sulla scia di questa psicosi da Dottor Stranamore in Europa era stato fin troppo facile far accettare all’opinione pubblica che le sanzioni contro la Russia erano un male necessario per curare l’ espansione neo-sovietica con buona pace dei quasi cento miliardi andati in fumo.
Anche la forsennata corsa per ammassare forze Nato in ogni ex repubblica sovietica in contrasto con Mosca era sembrata la giusta chiave per la risoluzione del conflitto imminente.
Intanto però sul fronte ucraino il peso della guerra civile ricadeva in larga parte sulle milizie patriottiche volontarie formate dalla meglio gioventù delle parti in campo e gli aiuti delle super potenze sembravano appena una paghetta paternale.
Alla luce di queste considerazioni la notizia del forte ridimensionamento della missione Nato sul baltico solleva non pochi interrogativi.
E’ stata infatti dimezzata dal primo di Settembre scorso la missione Nato di difesa dei cieli baltici, la Baltic Air Policing Mission, cioè la missione di difesa aerea e Quick Reaction Alert della NATO, attiva al fine di garantire l’inviolabilità dello spazio aereo sopra gli Stati di Estonia, Lettonia e Lituania che altrimenti vivrebbero in maniera determinante l’immenso svantaggio della loro difesa rispetto alla supremazia aerea russa nei loro cieli. Anche l‘Italia è parte attiva nel meccanismo di difesa aerea con i suoi formidabili Eurofighter Typhoon.
Perché la Nato ha deciso di portare il numero dei velivoli impiegati da sedici a otto nonostante invece l’ attività russa nell’area non registri diminuzioni?
Il contingente aereo rimarrà schierato nelle basi di Amari in Estonia e Siaulai in Lituania e non verrà più utilizzata la base aerea polacca di Malbork in cui quattro F-16 dell’aviazione belga hanno effettuato l’ultima rotazione. Gli aerei impiegati nel dispositivo già ai primi di agosto erano stati impegnati in duecentocinquanta “scramble” contro aerei russi di cui ben centoventi nel baltico.
La missione era stata incrementata con l’esplodere della crisi in Ucraina e l’annessione della Crimea e la Nato aveva deciso di schierare prima dodici poi sedici velivoli ora dimezzati.
Alberto Palladino