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Clandestini, la Danimarca fa muro e chiude le frontiere

by Roberto Derta
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clandestini DanimarcaCopenaghen, 10 set – La Danimarca ha deciso, nella giornata di ieri, di bloccare il traffico ferroviario e una superstrada di collegamento dalla Germania. Motivo? L’indiscriminato arrivo e transito di sedicenti profughi provenienti dal paese dopo l’incondizionata apertura da parte di Angela Merkel.
La chiusura è “a tempo indeterminato”, spiegano le autorità danesi, che respingono tutti coloro che rifiutano di farsi identificare. Si tratta in maggior parte di immigrati che fanno tappa obbligata nel regno per raggiungere poi la Svezia. “Non voglio in Danimarca scene simili a quelle che abbiamo visto nella stazione di Budapest. Siamo sotto pressione, la situazione è complessa. Continuano ad arrivare persone in fuga, la Danimarca è un Paese pacifico e sicuro. Eppure ci sono persone che dicono, non vogliamo chiedere asilo in Danimarca, ma vogliamo recarci in Svezia”, ha spiegato il premier Lars Løkke Rasmussen. “Questo non è un soltanto un problema di rifugiati, è un problema migratorio“, ha poi aggiunto.
Nel porto di Rodby, città sull’isola dello Sjaelland, a metà strada proprio fra Germania e Svezia, è stato inoltre negato l’attracco ad un’imbarcazione di linea con a bordo 100 rifugiati.
Nella notte le trattative si sono protratte, fino ad un accordo: la Danimarca permetterà il passaggio sul proprio territorio solo di coloro che accetteranno l’identificazione. Stando a fonti locali, lo sblocco avrebbe permesso di riattivare, sia pur solo parzialmente dati alcuni problemi logistici, i collegamenti. Resta comunque il nodo di una situazione che sta prendendo di sorpresa pressoché tutti i governi del vecchio continente, incapaci di dare una risposta se non alzando le mani. “L’Ue non versa in buone condizioni: manca l’Europa e manca l’unione a questa Unione Europea”, ha detto ieri il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. Forse voleva essere uno sprone, ma la disarmante attualità della frase si presta perfettamente a sancire la fine dell’utopia comunitaria.
Roberto Derta

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