E’ ormai più di un anno che le trattative per cercare di porre fine a una guerriglia in corso dal 1964 sono poste sul tavolo cubano del negoziato e il risultato è una flebile conclusione soltanto per quanto riguarda uno dei cinque più importanti punti di discussione: la riforma della proprietà e le leggi riguardanti i terreni agricoli. Tutto parrebbe destinato a finire come nei passati tentativi di accordi del 1984 e del 1998/2002. Quello che differenzia queste ultime trattative dalle precedenti è la presenza, nel ruolo di Paese garante e Paese accompagnatore, di Cuba e del Venezuela, che affiancano rispettivamente Norvegia e Cile. Ma il piano di discussione più che una tavola rotonda sembra essere un tavolo da ping-pong in cui ciascuno dei partecipanti gioca a rilanciare la colpa della lentezza all’altro, in un continuo rinvio di accuse reciproche. E, intanto, tra un presidente preoccupato per i futuri risultati elettorali e un tira-e-molla da capogiro, si continuano a ingrossare le tasche dei narcotrafficanti e le fila delle 600mila persone morte durante le ultime cinque decadi di questa silenziosa guerra civile.
Ada Oppedisano
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