Roma, 30 ago – Regola numero uno per comprendere il destino di una nazione: osservare la sua carta geografica. Prima di qualsivoglia analisi sul governo che ne regola le relazioni internazionali, è essenziale fermarsi a scrutare attentamente i confini politici e naturali. L’Afghanistan non fa eccezione, anzi. Le zone di transizione di questo vasto territorio asiatico erano già materia di profondi studi nel XIX secolo, all’epoca cioè del cosiddetto Grande Gioco tra Regno Unito e Russia, ovvero le due potenze che si contendevano la terra tornata oggi al centro del dibattito mediatico. Ma quanti di voi hanno davvero osservato con attenzione i confini dell’Afghanistan? La domanda è forse mal posta. Riformuliamola così: quanti governi occidentali tengono d’occhio i confini afgani? Difficile dirlo.
Il Corridoio di Wakhan e la carta geografica dell’Afghanistan
Al contrario sappiamo con certezza che al riguardo la Cina è tutto tranne che distratta. E si concentra, in particolare, sul proprio lembo di terra (di appena 76 chilometri) confinante con l’Afghanistan. Guardate adesso quella frontiera sulla mappa, vi apparirà piuttosto curiosa. E’ una striscia strettissima e sembra staccarsi come un arto fantasma dal territorio afgano. A nord si appoggia sul Tagikistan, a sud sul Pakistan e a est sfiora delicatamente la Cina. Lunga 350 chilometri, è nota come Corridoio di Wakhan. Fa parte della regione del Badakhshan e si trova alla convergenza di tre delle principali catene montuose del mondo: l’Hindu Kush, il Karakoram e il Pamir. Area impervia, quasi irraggiungibile e scarsamente popolata. E’ uno dei luoghi più remoti, misconosciuti e al contempo straordinari di tutta l’Asia.
Osservate adesso la carta geografica dell’Afghanistan
Ma soprattutto è il luogo forse più strategico della scacchiera in cui si gioca il destino politico dell’Afghanistan e quindi delle rotte che collegano l’Estremo Oriente all’Asia Centrale. Gli attuali confini del Wakhan furono formati nel 1893 con un preciso obiettivo: realizzare una zona cuscinetto per impedire che i territori dell’allora Raj britannico e dell’impero russo zarista si toccassero. In breve tempo si trasformò in un cul-de-sac e più di recente fu coinvolto nella Guerra Fredda. Adesso gli ultimi stravolgimenti geopolitici fanno sì che questo corridoio acquisti un’ulteriore – per certi versi inaspettata – importanza. Perché potrebbe rappresentare l’anello di congiunzione della Nuova Via della Seta. E’ infatti qui che la Cina intende lavorare per affermare il suo potere commerciale.
Cosa intende fare Pechino
Come già lo scorso anno faceva notare la Bbc, proprio qua i cinesi intendono costruire il tratto che collegherà il loro confine con Bozai Gumbaz. Un’opera fondamentale per dare alla Cina “un grande accesso ai mercati dell’Asia centrale e oltre”. Oltre c’è il Medio Oriente, dunque, ancora più a ovest, l’Europa. Il corridoio di Wakhan è adesso controllato dai talebani, chiamati da Pechino a tenerlo libero da ingerenze jihadiste. Perché lo scorso aprile la Cina si accordò con l’allora governo afgano per costruirvi una piccola strada, di appena una decina di chilometri, sufficiente a collegare agevolmente la regione cinese dello Xinjiang all’Afghanistan. La strada non è stata ancora costruita, ma non è difficile pensare che a breve la sua realizzazione possa andare in porto. Così la Cina avrebbe accesso alle risorse minerarie afgane, inonderebbe di prodotti cinesi l’Afghanistan e raggiungerebbe più agevolmente il porto pakistano di Gwadar, sul Mar Arabico, punto nevralgico per la via della seta marittima. Ora però distogliete lo sguardo da Kabul, perché non è solo lì che si decide il futuro dell’Afghanistan.
Eugenio Palazzini