Roma, 17 giu – Il segnale era stato lanciato ieri con l’abbattimento dell’ufficio di collegamento intercoreano di Kaesong: il regime di Pyongyang punta ad alzare la tensione e torna a mostrare la faccia cattiva con Seul. Vero è che la struttura distrutta si trovava in territorio nordcoreano e quindi non è avvenuta una reale violazione della sovranità territoriale, ma quell’edificio era un simbolo in una zona demilitarizzata che corre lungo il confine tra le due Corre. Per fugare ogni dubbio e far ricredere anche i più convinti sostenitori della volontà di Kim Jong-un di non mandare in fumo il relativo clima di distensione degli ultimi due anni, oggi forze armate nordcoreane sono state inviate a occupare due aree al confine con la Corea del Sud che erano state smilitarizzate con gli accordi inter-coreani del 2018.
Esercito schierato e dialogo in fumo
E come nell’azione di ieri anche in questo salta fuori la mano di Kim Yo-jong, la sempre più influente sorella del leader della Corea del Nord. Perché stando a quanto riferito dall’agenzia stampa governativa Kcna, è stata lei a rifiutare l’offerta del presidente sudcoreano Moon Jae-in di riavviare il dialogo. Il governo di Seul intendeva infatti inviare una delegazione speciale al Nord per far rientrare la crisi, che secondo Pyongyang sarebbe stata innescata da una campagna propagandistica a suon di volantini lanciata da un’organizzazione privata sudcoreana. Stando sempre a quanto riferito da Knca, un portavoce dello stato maggiore dell’Esercito di Pyongyang ha fatto sapere che i militari nordcoreani verranno mandati nell’area del monte Kumgang, sulla costa orientale del Paese, e nel complesso industriale di Kaesong, appunto dove fino a ieri sorgeva l’Ufficio di collegamento tra le due Coree. Va così in fumo, salvo repentine ma a questo punto improbabili svolte (almeno nell’immediato), il disgelo avviato due anni fa e finalizzato a una cooperazione economica.
Cosa vuole la Corea del Nord
Come mai proprio adesso il regime nordcoreano punta ad alzare la tensione? Probabilmente Kim vuole provocare sia il governo di Seul che il “nuovo amico” Donald Trump, per tornare a negoziare da una posizione di vantaggio. Per farlo deve necessariamente mostrare i muscoli ed evitare che qualcuno non ritenga più la Corea del Nord capace di accendere la miccia di un conflitto. Viceversa però lo stesso regime di Pyongyang ha abituato tutti a queste azioni apparentemente impulsive, seguite poi da allentamenti della tensione innescata. Alle porte ci sono inoltre le elezioni presidenziali negli Stati Uniti e non è da escludere che il regime nordcoreano cerchi di mandare un messaggio al prossimo leader della Casa Bianca. Anche fosse confermato Trump, i giochi potrebbero comunque ridisegnarsi da prospettive diverse. Resta infine un’incognita: quanto conta e cosa vuole davvero l’astro nascente di Pyongyang? La sorella di Kim sin qui è apparso come una sorta di Rasputin “fatto in casa”, domani chissà.
Eugenio Palazzini