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Coronavirus, nel Regno Unito parte sperimentazione su plasma. Ma i gay sono esclusi

by Ilaria Paoletti
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Regno unito, gay non donano per sperimentazione su coronavirus

Londra, 5 mag – Alcuni ospedali nel Regno Unito iniziano la sperimentazione della trasfusione di plasma dei guariti dal coronavirus a chi è ancora malato per tentare di curarlo. Tuttavia, da questa sperimentazione sono stati esclusi coloro che si dichiarano gay o bisessuali: le ragioni stanno in una legge degli anni ottanta (ma anche adesso le regole per chi dona del mondo Lgbt sono diverse rispetto quelle per gli eterosessuali).

La terapia al plasma

La trasfusione di plasma da individui guariti da coronavirus a soggetti ancora malati si è già utilizzata come “cura” in altre situazioni. L’efficacia del metodo suppone che gli anticorpi presenti nelle persone guarite dal coronavirus passino attraverso la trasfusione ai chi è ammalato, permettendogli di combattere la malattia. La controindicazione, però,  che in questa trasfusione vengano passati anche elementi non benefici per il soggetto ricevente.

Esclusi gay e bisessuali

Questa pratica è al momento in sperimentazione all’ospedale Guys and St Thomas’s di Londra. Una notizia che però ha fatto imbufalire la comunità Lgbt, è che dalla sperimentazione sono stati esclusi gay e bisessuali come donatori di sangue. La ragione risiederebbe nella regola che impedisce a tutti quelli che hanno fatto sesso con un uomo nei tre mesi precedenti alla donazione di essere inclusi nella donazione. E’ un recesso di un regolamento degli anni ottanta, l’epoca cupa de contagio da Hiv che veniva colpita molto duramente la comunità omosessuale. Sul The Independent si legge che le norme del reparto Sangue e trasfusioni dell’Nhs (servizio sanitario britannico) statuiscono che gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini “corrono un rischio maggiore di contrarre determinate infezioni attraverso il sesso”.

Le regole per i gay donatori

Inizialmente il divieto per gli omosessuali di donare (introdotto per l’appunto negli anni ottanta) durava tutta la vita. Poi, nel 2011, il divieto fu ridotto a 12 mesi, per arrivare a 3 mesi nel 2017. Molto probabilmente, complice di questo restringimento dei divieti è stato il progresso tecnologico e scientifico che permettono in minor tempo di certificare se una persona abbia o meno contratto infezioni veneree o l’Hiv. Chiunque sia andato a donare  sangue anche qui da noi, in Italia, sa bene che ad esempio deve essere trascorso un periodo di 4 mesi dall’ultima volta che ci si è fatti un tatuaggio o un piercing. Niente di discriminante, è scienza.

La protesta del mondo Lgbt: “Discriminazione”

Ma per Laura Russel, direttrice dalla Ong arcobaleno Stonewall la decisione dell’ospedale che sta sperimentando sul plasma anti – Covid 19 è discriminatoria: “È davvero sconvolgente il fatto che agli uomini gay e bisessuali che vogliono aiutare nella lotta contro il coronavirus venga impedito di farlo”. Secondo lei, “le decisioni sul se le persone dovrebbero essere in grado di donare sangue o plasma dovrebbe essere basata su valutazioni del rischio individuali, non sull’orientamento sessuale”. Un portavoce dell’Nhs ha dovuto rispondere a queste accuse, riportando un po’ tutti coi piedi per terra: “Sappiamo che questa regola possa sembrare deludente se vuoi salvare delle vite” ma ha sostenuto che “separatamente allo studio sul plasma del convalescente, stiamo lavorando con gruppi Lgbt+ per esplorare la possibilità di introdurre una valutazione del rischio più personalizzata per la donazione di sangue”. Insomma, per il momento la sperimentazione va avanti così: nessuno si senta discriminato (soprattutto se vuol essere guarito).

Ilaria Paoletti

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1 commento

Tigro 15 Giugno 2020 - 1:33

Quando ci saranno i morti per mancanza di trasfusioni, potrete sventolare la bella bandiera della discriminazione. Il veleno si cura col veleno.

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