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Pmi, primi ricorsi al Tar: “Dpcm vìola costituzione, lockdown discriminatorio”

by Eugenio Palazzini
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Pmi, negozio

Roma, 5 mag – E’ iniziata davvero la fase 2? Ma soprattutto: cos’è davvero la fase 2? A giudicare dalle reazioni dei commercianti che non hanno potuto riaprire e delle partite Iva ancora senza lavoro, il 4 maggio ha segnato soltanto un prolungamento del lockdown. Come se non bastasse, l’assenza di aiuti concreti da parte del governo per sostenerli, rischia pure di aggravare una situazione già difficile per milioni di cittadini fermi al palo. Anche per questo alcuni ristoratori, baristi, piccoli e medi imprenditori, estetisti e parrucchieri hanno deciso di ricorrere al Tar contro il Dpcm dello scorso 26 aprile.

Può sembrare una carta della disperazione, e in parte lo è se pensiamo al tracollo economico che comprensibilmente temono questi lavoratori, ma al contempo è un modo per non stare a guardare, pressare l’esecutivo giallofucsia e ottenere eventuali risarcimenti. La via legale dunque è quella scelta da chi ha optato per presentare un ricorso d’urgenza ex art. 700 al Tar del Lazio. A sostenere il ricorso, come lui stesso ha raccontato all’Adnkronos, è il presidente dell’associazione “Imprenditore non sei solo”, Paolo Ruggeri che ha attivato un pool di avvocati a disposizione per le imprese che intendono ricorrere.

Cosa chiedono le Pmi al governo?

Queste Pmi chiedono innanzi tutto di sospendere le misure che prorogano la chiusura indiscriminata delle loro attività nella fase 2. E su quali basi? A loro avviso si tratta di un’evidente violazione del principio costituzionale di ‘non discriminazione’ ed eccesso di delega dai poteri conferitigli per il mancato rispetto dei limiti di adeguatezza e proporzionalità previsti. Ma quello che è stato presentato oggi non è altro che il primo di altri 6 ricorsi in via di perfezionamento (e che giungeranno a giorni). Alcune imprese, proprio a causa del lockdown, stanno vivendo una crisi a dir poco disperata e non intendono certo lasciar correre senza reagire.

Ruggeri descrive così i problemi che stanno affrontando: “I soldi del Tfr dei lavoratori che anno attutito per i primi tempi l’impatto del lockdown sono finiti da tempo ma tardano ancora quelli destinati alla Cig, al bonus da 600 euro e quelli dei prestiti garantiti mentre si accumulano i ratei di affitti non pagati e il saldo delle forniture ordinate a suo tempo. Senza contare gli investimenti attivati magari da poco come quel parrucchiere dal fatturato medio alto con 5 saloni, al momento tutti chiusi, e un sesto aperto da 2 mesi. Con ricavi bloccati e i costi fissi da sostenere, dunque, alcuni danni saranno irreparabili. In questa situazione, ancora 4 settimane di chiusura sono un tempo infinito”.

“Dpcm vìola principio costituzionale”

Lo stesso Ruggeri fa notare poi la natura incostituzionale del Dpcm, evidenziata tra l’altro anche da vari insigni giuristi: “Il Governo non solo ha disciplinato un ambito coperto da riserva di legge con un atto di natura amministrativa, quale è appunto il Dcpm. Ma ha anche violato il principio costituzionale di ‘non discriminazione’. Non ha tenuto conto, infatti, della situazione delle singole regioni. E ha disciplinato allo stesso modo la chiusura di locali ed esercizi commerciali sia in quelle con un numero trascurabile di contagi, sia in quelle in cui la diffusione del virus è ancora alta. Penalizzando ulteriormente il Sud. E discriminando categorie che, invece, potrebbero ripartire nell’osservanza delle distanze e delle altre misure di sicurezza”.

Eugenio Palazzini

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