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Cosa sta succedendo in Giordania e perché l’instabilità di questa monarchia preoccupa tutti

by Giacomo Morini
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Roma, 6 apr – Nella notte tra il 3 e il 4 aprile sono state arrestate in Giordania oltre una ventina di persone. La motivazione fornita dagli organi di stampa ufficiali è un complotto che queste persone avrebbero organizzato per destituire re Abdallah II, il sovrano motore di quelle riforme che hanno reso la Giordania un paese stabile, in espansione demografica esponenziale e beneficiario di una crescita economica anche dell’8% annuo.

Gli arrestati sono personalità di rilievo nella scena politica giordana. Tra i vari figurano il principe Hamzah bin Hussein, fratellastro del re, Sharif Hassan Bin Zayd, ex ambasciatore e consigliere del re, e Basem Ibrahim Awadallah, ex ministro delle finanze e parte importante nel processo di riforma della Nazione. Questi avrebbero progettato un colpo di stato che stava per passare alla sua fase esecutiva.

Il video di bin Hussein

Il principe bin Hussein è stato messo ai domiciliari per aver preso parte a riunioni dal carattere fortemente critico verso la monarchia, venendo accusato di mettere in pericolo la sicurezza e la stabilità del regno. Lo stesso, però, ha poi girato dei video in inglese e arabo dove ha spiegato a vari giornali – come la Bbc – la sua motivazione, ovvero il fatto che vede in patria l’avvento di un governo corrotto e autoritario.

Bin Hussein non ha preso, almeno a quanto emerso finora, parte attiva al complotto. Anche sua madre, matrigna del re e quarta moglie di suo padre, smentisce un suo coinvolgimento definendole “tutte calunnie”. Si dice però che la sua volontà di crearsi delle amicizie alternative a quelle della famiglia reale gli abbia portato influenti sostenitori all’interno del casato saudita, a lui così come a Bassem Awadallah, che lavora come consulente per Riad.

Il ruolo della Giordania nel teatro mediorientale

Il fatto potrebbe quindi svelare un forte alone di instabilità interna alla nazione. La Giordania è interessata a sembrare il più possibile sicura e stabile, in quanto ciò porta annualmente aiuti da parte degli Stati Uniti, i quali vedono in Amman una pedina importante delle loro strategie. Lo stato è un cuscinetto tra Iraq, Siria, Israele ed Arabia Saudita ed è quindi vitale per il mantenimento degli assi strategici regionali.

Questa stabilità viene però mantenuta evitando a qualsiasi costo motivi di sbilanciamento. Le proteste – come in occasione delle primavere arabe – sono state sempre duramente represse. Inutile quindi precisare come le dichiarazioni del principe bin Hussein possano mettere il regno in forte imbarazzo agli occhi del mondo, in quanto fornisce all’opinione pubblica una visione di uno stato su cui non si può più fare affidamento.

Le reazioni internazionali

Diverse parti stanno esprimendo solidarietà e supporto a re Abdallah II, condannando quello che viene definito ovunque come un tentativo di colpo di stato. Gli Stati Uniti sono stati i primi a esprimersi in questa direzione, seguiti da Israele, dall’Arabia Saudita e dall’Unione Europea.

Le parti hanno anche rimarcato i rapporti benefici che vantano con la monarchia hascimita, sottolineando il ruolo di moderatore che Amman ricopre. Inutile quindi precisare come si abbia il diffuso interesse a mantenere “in ordine” la piccola monarchia mediorientale, pena la perdita di un punto chiave per la stabilità regionale.

Rimane però ancora un ombra dall’aspetto inquietante: quella di influenze straniere – forse saudite – dall’ancora poco chiaro movente. Re Abdallah II di Giordania dovrà forse nel futuro guardarsi ulteriormente le spalle, nella speranza che non si replichi uno scenario siriano che getterebbe l’intera regione in un polverone.

Giacomo Morini

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1 commento

Fabio Crociato 7 Aprile 2021 - 7:44

Si creano e si inventano situazioni atte al consolidamento sistemico?! Non sarebbe una cosa del tutto nuova e per noi sconosciuta.

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