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Così la Cina si mangerà l’oro dell’Uganda

by Giuseppe De Santis
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Roma, 24 giu – L’Uganda è ancora un Paese africano estremamente povero, ma grazie a recenti scoperte minerarie e di idrocarburi ha buone possibilità di diventare una nazione a medio reddito. Alcuni anni fa è stato scoperto un grosso giacimento di petrolio che inizierà ad essere sfruttato nel 2025, con un oleodotto che passerà attraverso la confinante Tanzania. Un’infrastruttura all’avanguardia che dovrebbe portare enormi entrate nelle casse di Kampala. Ma questa non è l’unica innovazione destinata a cambiare, almeno sulla carta, il futuro dell’Uganda (e ad arricchire ulteriormente la Cina).

L’oro dell’Uganda nelle mani della Cina?

Pochi giorni fa il presidente ugandese Yoweri Museveni ha infatti annunciato la scoperta di un enorme deposito aurifero contenente 31 milioni di tonnellate di minerale d’oro. La quantità che potrà essere estratta che sarebbe di circa 320mila tonnellate e dovrebbe generare qualcosa come 12mila miliardi di dollari di profitti. Il governo di Kampala non intende però limitarsi a estrarre questo oro, punta anche raffinarlo nel Paese, al fine di ottenere maggiori benefici economici. A tal proposito verranno coinvolte sei raffinerie.

Ad assicurarsi inizialmente l’oro sarà però la società cinese Wagagai, la quale comincerà a fine anno a estrarre e poi a raffinare cinque tonnellate di metallo prezioso al giorno. La scoperta del deposito aurifero è comunque di enorme importanza, nonostante il governo non voglia dipendere unicamente dai minerali estratti, puntando altresì a costruire infrastrutture per esportare i suoi prodotti agricoli.

Leggi anche: Quei progetti dell’Uganda che finalmente bypassano la Cina

Per tale motivo l’esecutivo ugandese punta a realizzare una strada che dovrebbe collegare l’Uganda con l’Etiopia, atta ad agevolare questo tipo di esportazioni. L’Uganda ha un surplus di zucchero, mais, uova, pollame e latte, mentre l’Etiopia importa grosse quantità di questi prodotti agricoli. E così la realizzazione di questa nuova strada potrebbe portare benefici a entrambi i Paesi africani.

Giuseppe De Santis

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