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Crisi Corea del Nord: tra poche ore vertice straordinario alla Casa Bianca

by Paolo Mauri
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Lo strike group della Uss Vinson in navigazione nell’Oceano Indiano – (Foto Us Navy)

Washington, 26 apr – Nonostante le apparenze di normalità ostentate dal regime di Pyongyang, con Kim Jong-un che visita una fabbrica di carne in camice bianco, la situazione in Estremo Oriente potrebbe rapidamente degenerare nelle prossime ore.

Come riportato dalla Fox oggi, alle 15 ora di Washington, le 21 in Italia, si terrà alla Casa Bianca un vertice straordinario tra i Senatori Usa, il Segretario di Stato, il Segretario alla Difesa, ed il portavoce dei servizi di intelligence presso l’esecutivo che avrà come argomento la situazione in Corea del Nord. Il vertice, non in programma, con tutti e 100 i Senatori, avrebbe dovuto tenersi al Campidoglio, ma è stato spostato da Trump stesso alla Casa Bianca, fatto abbastanza inusuale, in una “sensitive compartmented information facility“, ovvero in una stanza resa sicura da ogni possibile attività di spionaggio esterno. La Casa Bianca sembra infatti aver sistemato tutte le proprie pedine sulla scacchiera questa volta: oltre al gruppo navale misto nippoamericano della USS “Carl Vinson” che nelle prossime 24 ore dovrebbe arrivare nelle acque del Mar del Giappone, il sistema missilistico di difesa d’area THAAD (Terminal High Altitude Area Defense) è divenuto operativo in Corea del Sud, fornendo quindi un ombrello protettivo al prezioso alleato di Washington. Nella giornata di ieri, inoltre, è arrivato al porto di Busan, sempre in Corea del Sud, un sottomarino nucleare lanciamissili da crociera (SSGN) classe “Ohio” modificato, l’USS “Michigan”, che è dotato di circa 154 missili “Tomahawk“. Il Michigan, nato come sottomarino lanciamissili balistici, è stato recentemente modificato (tra il 2007 ed il 2009) per farne una piattaforma di lancio di missili da crociera, al pari delle unità russe classe Yasen o i vecchi Oscar I e II (questi però armati di missili antinave principalmente), e vederlo in porto a Busan è stato sicuramente un messaggio, anche molto esplicito, per la Corea del Nord e per la Cina. Lo Strike Group della Vinson si arricchisce così di una importante piattaforma di bombardamento a distanza, oltre all’incrociatore USS Lake Champlain (classe Ticonderoga), ai due cacciatorpediniere classe Arleigh Burke, (USS Michael Murphy e USS Wayne E. Meyer) e ai due caccia lanciamissili giapponesi JS Samidare (DD-106) e JS Ashigara (DDG-178), nave simile per compiti e sistemi ai classe Arleigh Burke.

La stessa Corea del Nord ha effettuato una massiccia esercitazione di artiglieria che ha visto coinvolti circa 400 pezzi di tutti i calibri non molto lontano dal 38esimo parallelo, mentre la Cina la settimana scorsa ha effettuato una serie di esercitazioni aeree e navali nel Mar Giallo. Il ruolo cinese nella vicenda, peraltro, sembra essere molto ambiguo: da una parte Pechino si accorda con Seoul e con Washington per elevare altre sanzioni verso il suo scomodo alleato, dall’altra non ha mai cessato di fornire tecnologia militare a Pyongyang, ed i TEL (Transporter Erector Launcher) visti alla recente parata militare tenutasi nella capitale nordcoreana lo dimostrano, giusto per fare un esempio. Il comportamento di Pechino in caso di un attacco americano alla Corea del Nord potrebbe non essere tanto prevedibile, anche a dispetto di quanto detto dal Segretario di Stato Tillerson in merito agli umori del Premier cinese Xi Jinping; Tillerson infatti ha detto alla stampa che “Xi concorda che la situazione si è intensificata e ha raggiunto un certo livello di minaccia che richiede che venga presa un’azione“, ma la millenaria arte diplomatica cinese, fatta di inganni e doppiogiochi, potrebbe tradire le attese di Tillerson su un eventuale appoggio diplomatico ad un attacco diretto degli Usa verso la Corea del Nord. Riteniamo infatti che, sebbene esistano diversi scenari di attacco, da un’azione limitata sulle installazioni di ricerca nucleare di Yongbyon sino ad un vero e proprio “decapitation strike” che eliminerebbe definitivamente la minaccia militare nordcoreana (con conseguenze però alquanto imprevedibili), un’eventuale attacco americano e giapponese sarebbe mal digerito da Pechino, nonostante i recenti accordi commerciali e le promesse di Trump che sembra essersi dimenticato di come la Cina stia “drogando” il sistema valutario, al contrario delle parole di accusa spese durante la campagna elettorale. Questo perché, fondamentalmente, alla Cina fa comodo avere la Corea del Nord a fare da “cuscinetto” con la Corea del Sud e le sue basi americane, e a livello politico l’esistenza di Pyongyang le permette di giocare al rialzo sul piano delle trattative commerciali o su quello delle proprie rivendicazioni territoriali nel Mar Cinese Meridionale. Gli stessi Stati Uniti potrebbero avere ancora tutto l’interesse a mantenere vivo il regime nordcoreano per giustificare la propria massiccia presenza militare nell’area agli occhi dei cinesi, anche se potrebbero cedere alle pressioni dei loro alleati nell’area (principalmente Giappone, Corea del Sud ma anche Australia e Filippine) e decidere di risolvere una volta per tutte la situazione.

Paolo Mauri

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