New York, 8 nov – Suonino le fanfare, squillino le trombe: il democratico Bill De Blasio è il nuovo sindaco di New York. Fatto definito dai più una vera svolta epocale per la metropoli statunitense che da cinque mandati, cioè dal 1994, è in mano ai repubblicani, essendosi succeduti Rudolph Giuliani, il famoso sindaco dell’11 settembre e Michael Bloomberg, in realtà democratico fino alla vigilia della prima elezione, poi transfugo dal partito di Bush nel 2007 e quindi sostenitore di Obama. Ma soprattutto, cosa che più preme ai media nostrani, Bill De Blasio è di origine italiana. Il nonno infatti, Giovanni De Blasio, era originario di Sant’Agata de Goti, in provincia di Benevento, mentre la nonna Anna Briganti era natia di Grassano, in provincia di Matera. Entrambi emigrati in America all’inizio del secolo scorso, si sono conosciuti e sposati negli Usa.
Che un po’ di orgoglio nazionale venga manifestato per un nipote di emigrati italiani in Usa che diventa sindaco di una delle città più importanti del mondo è del tutto comprensibile. Ma il chiasso fastidioso di molti media è stato a tratti ridicolo. L’elezione di De Blasio è stata acclamata quasi come una vittoria nazionale, toccando apici di farsa durante i servizi entusiastici sulla città di Sant’Agata in festa con interviste caricaturali a personaggi che sembrano usciti da un film neorealista del dopo guerra, con popolani e contadini quasi in abiti tardo ottocenteschi che in dialetto stretto plaudono al ricco americano che ha fatto fortuna, quasi a rimarcare e sottolineare la visione dell’italiano sciuscià.
Inspiegabile poi questa gioia incontrollata come se De Blasio fosse il primo sindaco di origini italiane di New York, quando per trovarne un altro basta andare indietro di pochi anni, al doppio mandato 1994-2001 del già citato Rudolph Giuliani, nipote di emigrati italiani originari della pistoiese Marliana.
Anche la tanto decantata svolta politica annunciata dall’elezioni di De Blasio rischia di essere in realtà solo tanto rumore per nulla. Il fatto che sia il primo sindaco democratico dopo vent’anni non è neanche del tutto corretto, dato che il precedente sindaco Bloomberg era nel Democratic Party fino a pochi mesi prima della sua elezione e durante l’ultimo mandato ha più volte espresso il suo appoggio a Barack Obama anche alle elezioni presidenziali. Le tanto sbandierate ricette per la svolta epocale di New York poi si riducono, anche secondo i media più autorevoli, allo slogan “più tasse ai ricchi” che sebbene possa far pensare a un qualcosa di astratto che possa sembrare una certa forma di giustizia sociale, di fatto nessuno ha ancora capito in cosa consisterà.
Ma la farsa palesemente più grande è quella che fa vedere De Blasio paladino dei diritti degli omosessuali per il fatto di aver sposato l’attivista lesbica Chirlane McCray. Ora, forse questo è un ragionamento troppo razionale, ma basterebbe fare due più due per capire che se una donna si dichiara pubblicamente omosessuale e fa battaglie per i diritti gay e per le coppie gay, dovrebbe a rigor di logica amare una donna e lottare per poterla sposare in barba alla società che obbliga i matrimoni ad essere solo tra persone di sesso diverso. Ergo, avendo sposato un uomo, o ha dichiarato di essere omosessuale senza esserlo effettivamente ma solo per propaganda, e questo dovrebbe risultare fastidioso a chi combatte idealmente per i diritti gay, o lotta effettivamente contro una società ritenuta omofoba e bigotta ma poi celebra un matrimonio eterosessuale per poter entrare a far parte di quella stessa società, oltre al fatto che così paleserebbe di aver fatto un matrimonio di convenienza pur prestandosi a fare il quadretto familiare felice in classico stile elettorale puritano statunitense. E questo sorvolando sul fatto che già il sindaco Giuliani si era espresso a favore delle coppie di fatto e delle coppie omosessuali, togliendo quindi qualunque primato di originalità e di “svolta epocale” al tanto sbandierato De Blasio.
Altra cosa che preme molto ai democratici giornali nostrani è il fatto che De Blasio sia l’emblema del più estremo melting pot statunitense per il fatto che la moglie Chiurlane sia afroamericana e quindi i figli siano, come sostiene l’articolo di Anna Guaita per Il Messaggero di ieri, “bi-razziali”, termine che se usato in ambienti un po’ più radicali avrebbe fatto esplodere la rabbia di tre quarti di Camera e Senato e la totalità del Governo. Ma il tema del meticciato e del melting pot sta troppo a cuore ai paladini democratici moderni che tanto spingono per avere anche in Italia, come nei meticci Stati Uniti ben rappresentati dall’epocale sindaco De Blasio, il famigerato e famosissimo Ius Soli. Scordandosi forse che, nella logica dello Ius Soli, De Blasio sarebbe 100% americano e pertanto ci sarebbe ben poco da festeggiare per le sue origini che oramai non conterebbero più neanche un cent.
Carlomanno Adinolfi