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Diciottene trans si sottopone a vaginoplastica, usano un pezzo di colon: muore per infezione

by Cristina Gauri
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riassegnazione genere

Roma, 26 apr — Le chiamano «procedure per la riassegnazione di genere» delle persone trans, ma dietro questo tipo di intervento si cela una realtà fatta di taglia e cuci da macellai degni del peggior esperimento del dottor Frankestein: e alcune volte l’esito è tragico, da film dell’orrore. Lo testimonia un caso olandese del 2016, oggetto dello studio documentato su PubMed, Cellulite letale necrotizzante causata da E. Coli produttore di ESBL dopo vaginoplastica intestinale laparoscopica e riportato alla luce da The Post Millenial. 

Lo studio sugli adolescenti trans 

 Lo studio documenta la tragica morte di uno dei partecipanti di uno studio olandese volto a dimostrare l’opportunità degli interventi di transizione nei bambini e negli adolescenti affetti da disforia di genere. Il caso è quello di un maschio biologico di 18 anni, sottoposto a terapia con bloccanti della pubertà in fase precoce. Talmente precoce da avere drammaticamente bloccato lo sviluppo degli organi genitali maschili, rimasti alle dimensioni infantili.

Il problema era sorto durante la pianificazione dell’intervento di riassegnazione di genere, nel corso del quale l’equipe medica avrebbe dovuto creare una «neo-vagina» dal pene del paziente trans. A causa dello scarso sviluppo dell’organo e dell’indisponibilità di una quantità sufficiente di tessuto penieno, i medici avevano optato per una procedura più rischiosa, decidendo di utilizzare una sezione del colon del paziente. Un pezzo di intestino per creare un canale che assomigliasse il più possibile a una vagina.

Esito tragico 

L’intervento provocò nel ragazzo trans una fascite necrotizzante che si rivelò fatale. Lo studio, di Negenborn et al., descrive il paziente come un diciottenne «sano» per il quale l’intervento di vaginoplastica standard era giudicato «non eseguibile» a causa del mancato sviluppo dei genitali dovuto alla soppressione precoce della pubertà. Le complicanze iniziarono a circa 24 ore dall’intervento; nei giorni successivi venne confermata la fascite necrotizzante provocata da un ceppo di Escherichia Coli. Nonostante le massicce dosi di antibiotici per via endovenosa, il paziente andò incontro a insufficienza multiorgano e morì.

Ma per i dottori è tutto ok

Incredibilmente, nonostante l’esito straziante dell’operazione, nello studio viene confermato che la «ricostruzione vaginale» ha una «influenza positiva» sulla qualità della vita delle «donne trans», annotando a margine che «i medici e i pazienti devono essere consapevoli delle gravi complicazioni che possono insorgere». Dall’indagine sulla morte del giovane è emerso che il ceppo mortale di E-Coli molto probabilmente proveniva dal colon del paziente e non dall’ambiente ospedaliero. Utilizzare un pezzo di intestino per fabbricare una finta vagina si era rivelato un azzardo in piena regola.

La conferma arriva anche dal dottor Michael Biggs — il sociologo che ha svolto un ruolo chiave nell’esporre lo scandalo che si è svolto presso la clinica di genere Tavistock di Londra. In una recente intervista avvenuta nel corso del podcast Wider Lens Biggs ha sottolineato che mentre la soppressione della pubertà precoce per i ragazzi che soffrono di disforia di genere ad esordio infantile ha il vantaggio di creare un aspetto più femminile in età adulta, il principale svantaggio è che il pene rimane quello di un bambino, rendendo la vaginoplastica molto più rischiosa. «Invece di usare il tessuto del pene, dovranno usare parte del colon», ha spiegato Biggs. «Ora, ovviamente, questo significa aprire l’intestino, e questo è ovviamente molto, molto più rischioso» perché nel colon transita il materiale fecale.

Cristina Gauri

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1 commento

fabio crociato 26 Aprile 2023 - 4:05

Comandano i microbi veri della merda sugli uomini di merda.

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