San Pietroburgo, 3 nov – Una folla immensa piange a San Pietroburgo i 224 morti del disastro aereo della Kogalymavia (o Kolavia), compagnia aerea russa che agisce anche con il marchio Metrojet e riportava in patria uno dei tanti gruppi di turisti soggiornanti nella nota località egiziana di Sharm el-Sheikh sul Mar Rosso, precipitato sulla penisola del Sinai il 31 ottobre, appena 23 minuti dopo il decollo e quando già si trovava a circa 10mila metri di quota.
Insieme al dolore, la novità piuttosto sconvolgente è che i primi sospetti sembrano prendere corpo.
Prima, le dichiarazioni della stessa compagnia aerea proprietaria del velivolo, un Airbus A321. Secondo il vice-direttore Viktor Yung, l’equipaggio del volo Kolavia 7K9268 non era più in grado di agire (leggasi annientato) prima che l’aereo iniziasse le sua rapida discesa e si schiantasse sul Sinai: “All’inizio dello sviluppo del catastrofico incidente, i membri dell’equipaggio apparivano completamente incapaci di agire. Questo spiega perché non hanno tentato di contattare i controllori del traffico aereo e di riportare sull’incidente avvenuto a bordo”.
La Kolavia non crede nemmeno che un errore umano possa aver causato il disastro, citando l’esperienza del comandante e degli altri membri dell’equipaggio: “Siamo certi che non si sia trattato di un errore del pilota né di un malfunzionamento tecnico”, ha sostenuto Aleksandr Smirnov, supervisore della flotta della compagnia aerea, ritenendo invece che “la sola possibile spiegazione sia stata una forza meccanica agente sul velivolo”, in quanto “non esiste alcuna combinazione di avarie del sistema che possano aver disintegrato l’aereo in volo”.
Da qui e pensare a un ordigno a bordo il passo è breve, anche se da una compagnia aerea è lecito attendersi lo scaricamento delle eventuali responsabilità su cause e agenti esterni.
Una prima conferma indipendente dei peggiori sospetti è però arrivata nelle ultime ore da una fonte americana, riportata dalla Nbc. Secondo l’emittente Usa, mentre molti hanno argomentato sulla possibilità che un missile abbia abbattuto l’aereo russo, nonostante che l’artiglieria contraerea nella disponibilità dei terroristi legati all’Isis attivi su quel territorio non dovrebbe consentire di centrare un aereo in volo a 10mila metri di quota, ufficiali americani affermano ora che l’ipotesi del missile è resa ancora meno probabile dalle immagini satellitari nell’infrarosso (banda ottica che rileva il calore).
In particolare, un ufficiale superiore ha dichiarato alla Nbc che un satellite americano con sensore a infrarossi ha rilevato un “flash di calore” nello stesso istante e nelle immediate prossimità della posizione dell’aereo al momento dell’inizio della sua tragica discesa.
Gli analisti dell’intelligence statunitense credono che possa trattarsi di un qualche tipo di esplosione avvenuta all’interno del velivolo – un serbatoio di carburante o una bomba – mentre non sussiste alcuna indicazione che possa essersi trattato di un missile terra-aria. Altrimenti, infatti, lo stesso satellite avrebbe rilevato la traccia termica anche del missile fin dal suo lancio da terra.
“L’argomentazione che questo aereo sia stato abbattuto da un missile è da scartare”, ha sostenuto lo stesso ufficiale.
Un secondo ufficiale superiore americano ha confermato che il satellite di sorveglianza ha rilevato “un flash o un’esplosione” in aria sul Sinai allo stesso istante, sostenendo che “l’aereo si è disintegrato a un’altitudine molto elevata” quando, come indicato dalle immagini satellitari, “c’è stata un’esplosione di qualche tipo”, nuovamente scartando l’ipotesi del missile.
Prende allora nuovamente corpo l’ipotesi che il video dell’esplosione in volo e della successiva discesa libera dell’aereo, inizialmente rilasciato dall’Isis e frettolosamente classificato come un falso, possa in realtà rappresentare molto di più. Con tutte le cautele del caso, se fosse dimostrato che l’aereo ripreso era davvero quello russo, qualcuno sapeva esattamente dove eseguire le riprese ed esattamente in quale istante. Lo stesso video, del resto, non suggerisce affatto l’impatto di un missile ma piuttosto un’esplosione a bordo dell’Airbus.
E’ bene ricordare che il Sinai è ampiamente incluso nel raggio d’azione dei caccia russi di stanza nella base aerea di Latakia in Siria (la stessa da cui partono i raid contro il Califfato), inoltre che i mandanti (Ceceni e fondamentalisti arabi) dell’ultimo grande atto terroristico contro la Russia – il massacro dei bambini di Beslan del 2004 – sono stati tutti raggiunti in mezzo mondo e assassinati uno per uno.
Se serviva un pretesto per alzare il livello dello scontro e allargarlo rispetto ai confini siriani, a quanto pare questo è stato servito su un piatto d’argento. Al costo di 224 vittime innocenti.
Francesco Meneguzzo