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Elezioni Usa, le voci dalla Russia: “E’ la fine della superpotenza statunitense”

by Mikhail Rakosi
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Elezioni Usa, Russia

Roma, 7 nov – Avevamo già scritto, prima delle elezioni Usa, che la stampa russa più vicina al Cremlino non auspicava affatto una vittoria schiacciante di Trump, considerava anzi con moderata benevolenza una nuova presidenza a trazione Dem e perché avrebbe di nuovo portato la Russia al centro (“la Russia è il primo nemico” hanno più volte ripetuto sia Biden sia Harris) e perché nella visione del conservatorismo russo la sinistra radicale post-moderna con la sua teoria del pensiero unico gender evolve velocemente in un nichilismo sociale e morale che sta portando l’intero Occidente all’irrilevanza politica e geopolitica. Come stanno peraltro dimostrando “le elezioni farsa” statunitensi, dicono i politologi russi.

Un declino irreversibile?

In un dibattito nella tv russa del 4 novembre, il politologo Vyacheslav Nikonov commentando a caldo la situazione di stallo successiva alle elezioni Usa ha parlato di declino irreversibile: “Lo spettacolo della fine storica della Superpotenza è ammaliante”.

Sempre il 4 novembre, il presidente della Duma di Stato dichiara che gli Stati Uniti hanno rivelato di non essere un modello democratico, vedendo nel Gop e nei Dem due volti di una medesima medaglia. Il leader di Ldpr Vladimir Zhirinovsky ha invece sostenuto che il conservatorismo trumpiano proteggerebbe meglio lavoratori e maggioranza silenziosa, mentre la sinistra radicale post-moderna ha la missione di distruggere famiglia, tradizione, lavoro. Alexander Dughin considera Trump vincitore nel voto popolare e dice che la Russia dovrebbe riconoscerlo come legittimo presidente. Volovodin, presidente della Duma, ha sostenuto che la democrazia sovrana e presidenziale russa è più efficiente di quella occidentale, il ministero degli Esteri ha diramato una nota in cui afferma che i voti statunitensi dovrebbero essere contati correttamente, cosa che non starebbe avvenendo. Vladimir Putin, appena due settimane fa, riferendosi all’Occidente post-moderno in tutte le sue sfaccettature, aveva affermato che “la nostra unica preoccupazione è non prendere il raffreddore al vostro funerale”.

La stampa russa tra Trump e Biden

Il Commersant del 5 novembre sostiene che non vi è stata quell’onda blu prevista dai sondaggi: il trumpismo è ormai un fenomeno stabile nella scena, gli Stati Uniti sono divisi e polarizzati come mai era avvenuto e continueranno a esserlo nei prossimi anni. Il quotidiano si sofferma con un certo stupore nel caso controverso dei 180mila voti assegnati in fretta e furia, nel giro di pochi minuti, a Biden nel Michigan.

Vari analisti tra cui Kostantin Kosachev, influente membro del putiniano Russia Unita, in Ria Novosti considerano inevitabile una lunga instabilità e rivolte popolari trumpiane, descrivendo un quadro politico molto polarizzato e mutevole, i militanti che sostengono Biden vanno sempre più verso l’anarchismo di estrema sinistra che sta seppellendo la stessa sinistra radicale alla Sanders, i trumpiani potrebbero esser scavalcati da un ultra-tradizionalismo neo-ruralista (e filorusso) del Sud che potrebbe puntare alla Secessione dalla metropoli centrale. Rossiyskaya Gazeta arriva a conclusioni similari, mettendo in forte dubbio la legittimità del voto postale. Nei programmi televisivi a carattere politologico del 4 e 5 novembre la nota dominante è che l’elite dello Stato profondo statunitense vicina a Biden punterà a un Nuovo ordine mondiale, dovrà essere di nuovo la Russia – come già avvenne con il neo-clintoniano Obama – a stoppare questo progetto di Grande Reset mondiale.

Varie voci nei canali russi, in queste ore, difendono Trump come autentico conservatore, nemico, per quanto troppo moderato in tal senso, della russofobia egemone nella sinistra radicale postmoderna occidentale. Altre sostengono invece che con Biden alla Casa Bianca sarebbe più facile il grande summit globale delle 5 Potenze nucleari (G5), definitivo avvento del nuovo ordine multipolare e la fine storica degli Usa come prima superpotenza.  Vari analisti russi parlano in proposito di un G5+1 (India), altri addirittura di un G5+2 (India, Pakistan) ma ciò pare oggettivamente prematuro.

La rivoluzione conservatrice russa di fronte alle elezioni Usa

Kostantin Malofeev scriveva il 4 novembre riguardo al quadro post elezioni Usa: “Quattro anni fa quando Trump vinse, noi dicemmo: meglio avere a che fare con un bullo che con un maniaco. Sì, incoerente in politica. Ora arrivano i maniaci? Solo i maniaci possono portare il mondo a conflitti terribili: gli strateghi statunitensi delle “rivoluzioni colorate” hanno già portato la dittatura nelle case con il Covid. Vediamo una tale rivoluzione negli Usa con Blm, gli strateghi del caos continueranno su questa strada, che nemmeno si può definire liberale ma satanica. Ci attende una affascinante osservazione del sistema funzionale della democrazia Usa. Trump ha di nuovo vinto con il voto popolare ma la democrazia Usa non ha accettato la sua vittoria. E questa è un’altra lezione per quelli che amano l’occidente. Esistono due occidenti, non uno, due Americhe non una. Gli schiavisti di ieri, quelli che sino al 1964 legittimarono lo schiavismo, oggi si inginocchiano e baciano i piedi di coloro che fanno vandalismo, distruzioni, teppismo. Noi non vorremo mai divenire come l’occidente, la Russia non è un occidente, non venite a farci la morale sull’occidente. Cristo salvi la Russia!”.

Leggi anche – Lo scontro degli Stati-Civiltà: una trama per i conflitti del futuro

Il quadro definitivo che emerge è che lo Stato-Civiltà di natura ideocratica è stato dato, dopo la fine della seconda guerra mondiale, troppo presto per seppellito nel divenire storico. La sua nuova centralità è evidente e sotto gli occhi di tutti. L’impasse strategica dell’Unione Europea è proprio questa, priva del resto di una sovranità tecnologica e militare e ancora immersa nel sogno economicistico scavalcato negli stessi Usa da una lotta di frazione, nel disperato tentativo di difendere un primato mondiale che pare comunque ormai sfuggito di mano.

Mikhail Rakosi

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