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Francia, se l’icona antirazzista elogia il terrorismo

by Emmanuel Raffaele
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Roma, 20 feb – “Rilancia la voce dei dimenticati, dei discriminati, dei senza parole”. Ma oggi, dopo lo scandalo che lo ha travolto, Mehdi Meklat rischia di perdere irrimediabilmente il suo ruolo di paladino degli ultimi e dell’anti-razzismo, che le parole appena citate di “Le Monde” riflettono alla perfezione. Meklat, infatti, è oggi sul ‘banco mediatico degli imputati’ proprio per razzismo, simpatie filo-terroriste e frasi violente e minacciose. Ventiquattro anni, classe ’92, giornalista e scrittore venuto dalle periferie parigine, il giovane francese di origini algerine Meklat conosce la ribalta del grande pubblico proprio sull’onda delle rivolte nelle banlieue della capitale francese.

Cresciuto nel quartiere popolare di Saint-Ouen, nel 2008 racconta quelle proteste come cronista sul Bondy Blog, nato proprio dopo le rivolte del 2005. Nel 2010 inizia a collaborare con France Iter, radio del servizio pubblico che gli riserva lo spazio per una rubrica fissa sulle sue frequenze. La casa editrice Seuil pubblica il suo secondo romanzo, “Minute”. Produce video per la Fondazione Cartier, conquista la copertina di “Le Monde” e, insieme al suo partner lavorativo Badroudine Said Abdallah, diventano ad un tempo icone dei giovani discriminati ma anche esempio della ‘nuova Francia’ che vince contro il ‘razzismo’.

Ma è anche un suo vecchio tweet contro la presidente del Front National, Marine Le Pen, a circolare insieme agli altri che hanno scandalizzato la stampa francese. «Hey Marine, vieni nella mia cantina. Ti sgozzo secondo il rito musulmano», scriveva infatti Meklat soltanto nel 2012. E, sempre nel corso dello stesso anno, esclamava: “Fate entrare Hitler per uccidere gli ebrei”.  E poi ancora “Mi manchi, John Galliano, Torna, amico” (il riferimento è allo stilista arrestato e licenziato da Dior per frasi antisemite), “Charlie Hebdo, vi auguro la morte” (novembre 2014, a poche settimane dalla strage), “Bin Laden mi manca”. Meklat, che intanto ha provveduto alla rimozioni di moltissimi tweet scomodi, si è ora scusato coniando al contempo a sua difesa la singolare espressione  di “esplorazione della nozione di eccesso e provocazione” e di “messaggi obsoleti” scritti con uno pseudonimo cancellato. Ma di fronte ai fatti non ha potuto negare nulla.

Singolare come per anni ‘nessuno si sia accorto di nulla’, poi, d’improvviso, Meklat diventi lo scheletro nell’armadio di quei benpensanti che fino a poche ore fa lo esaltavano non tanto per le sue capacità, quanto per un suo merito fondamentale: le origini non francesi ed il suo appoggio alle proteste rivolte essenzialmente contro la Francia ‘bianca ed intollerante’, con il sostegno ideologicamente pregiudiziale della sinistra (nel 2015 l’europarlamentare di centrodestra Nadine Morano fu vittima di accuse su tutta la stampa per aver definito la Francia una “nazione di razza bianca”). Oggi tutti si scandalizzano a scoprire che quel talento e quelle proteste nascono da un fattore comune: un esperimento d’integrazione culturale completamente fallito che in troppi fingono di non vedere.

Emmanuel Raffaele

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