Roma, 20 feb – Due anni dopo la prima protesta dei taxi contro l’apertura del mercato alla società americana Uber (di cui scrivemmo già nell’aprile 2015), si ripresenta la stessa situazione per un emendamento al decreto “milleproroghe” presentato dalla senatrice Pd Lanzillotta e su cui il governo ha messo addirittura la fiducia (156 si e 99 no, nessun astenuto). Vediamo quindi di capire cosa c’è dietro questa “urgenza” di creare uno scontro sociale con una intera categoria per una questione di cui proprio non interessa nessuno, se non i cultori dell’ideologia liberista. L’Italia nella Ue è considerata più o meno come una “balena morta”. Le balene morte galleggiano e progressivamente vengono mangiate dagli altri pesci, dai piccoli morsi di sgombri e sardine alle grandi boccate di grasso che ne fanno gli squali, finché della carcassa non resta nulla di commestibile e affonda. Abbiamo avuto l’ex premier Renzi che prese il 40% dei voti con lo slogan “cambieremo l’Europa”, tranne poi doverne diventare un esecutore di ordini. Nel mentre dovevamo “cambiare l’Europa” questa, anche con i voti dei parlamentari di Forza Italia e Partito Democratico, ci ha delocalizzato le arance in Marocco dando un colpo mortale al comparto agricolo siciliano. Appena una settimana fa l’Europa fa firmato il Ceta, un trattato di “libero scambio” con il Canada che danneggia soprattutto e ancora una volta il nostro comparto agroalimentare, abbiamo interi comparti produttivi spariti per la concorrenza in dumping dei paesi dell’Est che non hanno l’Euro (elettrodomestici in Polonia, mobili nei Balcani etc). Poi abbiamo le “Prime Tessere” italiane che hanno delocalizzato addirittura in India, dove poi India e Cina reimportano le produzioni in Europa (circa 450 miliardi l’anno). Insomma la “dura legge del mercato”.
Naturalmente questo non vale quando le produzioni extra europee danno ombra all’industria tedesca, per cui la Ue allegramente mette i dazi ad esempio sui cuscinetti a sfera e ai moduli fotovoltaici di produzione cinese. Ma difende strenuamente il “libero commercio” se è in danno della balena morta. E del resto, obiettano, se i parlamentari italiani dei due Grandi Partiti Moderati che da venti anni si alternano al governo votano pure per il “libero commercio”, avete poco da lamentarvi. La questione dei Taxi attiene all’applicazione della Direttiva Bolkestein che vuole la “apertura al mercato” dei servizi pubblici in concessione, tutti. Si comincia coi tassisti e con gli ambulanti e si finisce alle gare di appalto per la costruzione di strade o manutenzione di scuole, dalle licenze dei bar alla gestione degli aeroporti, dalla costruzione di edifici pubblici agli stabilimenti balneari. “La direttiva Bolkestein ha quindi l’obiettivo di facilitare la circolazione di servizi all’interno dell’Unione Europea, perché i servizi rappresentano il 70% dell’occupazione in Europa, e la loro liberalizzazione, a detta di numerosi economisti, aumenterebbe l’occupazione ed il PIL dell’Unione europea. La direttiva Bolkestein si inserisce nello sforzo generale di far crescere competitività e dinamismo in Europa per rispettare i criteri della Strategia di Lisbona. La direttiva Bolkestein intende semplificare le procedure amministrative, eliminare l’eccesso di burocrazia e soprattutto evitare le discriminazioni basate sulla nazionalità o per coloro che intendono stabilirsi in un altro paese europeo per prestare dei servizi”.
Insomma Mr. Trump non potrebbe impedire alla Ford di spostare gli stabilimenti di produzione in Messico, come non potrebbe impedire alla Bmw che sta costruendo uno stabilimento in Messico di vendere liberamente le automobili negli Usa. Ma da noi è peggio perché si tratta di incidere sulla economia di milioni di PMI italiane che si troverebbero a competere con ditte straniere, specie dell’Est, che potrebbero partecipare alle gare con le loro leggi, i loro stipendi e le loro regole. I circa 4,5 milioni di PMI rappresentano il 99% delle aziende italiane, danno lavoro, fra titolari e dipendenti, all’81% degli occupati, e producono il 72,4% (esclusa l’agricoltura) del valore aggiunto prodotto in Italia. L’Italia vive attraverso le PMI, introdurre “trattati” che le distruggono è di una gravità inconcepibile. In Francia si prese coscienza di cosa significava la Bolkestein quando in Svezia esplose il caso Vaxholm. Nella primavera 2005 l’impresa di costruzioni lettone Laval Un Partneri aveva rifiutato di applicare i contratti collettivi svedesi ai suoi lavoratori distaccati presso il cantiere di ristrutturazione di una scuola a Vaxholm (Svezia). In Francia esplose la polemica detta “dell’idraulico polacco”, incentrata proprio sul fatto che in base alla Bolkestein le imprese straniere dell’Est avrebbero schiantato le imprese francesi sul mercato interno, e la questione portò infine nel 2007 al rifiuto referendario francese e olandese di approvare la famosa “Costituzione Europea”. Tra l’altro occorre osservare che nessuno dei 27 paesi Ue ha ratificato la Direttiva Bolkestein, nessuno tranne uno, e possiamo facilmente immaginare chi: l’Italia che così, unici pazzi, si è legata alla sua applicazione, la balena morta.
Alla direttiva è stata data attuazione in Italia mediante il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2010. Per cui, sia ansia di servaggio, sia per altri motivi, dopo il tentativo di introdurla nel 2015 applicandola ai Taxi che dovevano fare da apripista, la si ripropone nel 2017 con una votazione di fiducia nottetempo da parte di un governo a termine in modo che poi si possa dire: è tutta colpa di Gentiloni, noi non ci possiamo fare più niente! Io se lo avessi saputo lo avrei impedito! E il voto di fiducia compatto? Eh, ma quelle erano “mille proroghe”, mica potevamo leggerle tutte! La tecnica è sempre la stessa: la categoria che si ribella prima di essere ridotta in miseria viene criminalizzata tramite i media (i tassisti! privilegiati! padroncini! non vogliono la “libera competizione”! corporativisti! Fascisti!). Poi intervengono i “sindacati” che si propongono pacieri e portano la categoria a “trattare”, cioè ad “accettare”. Come hanno sempre fatto, dal trasferimento del comparto elettrodomestici in Polonia, della Piaggio in India o delle arance in Marocco, o in tutti gli altri casi. E naturalmente quelle stesse forze politiche “moderate” che in tutte le sedi continuano a colpire il tessuto produttivo nazionale (anche quando non è richiesto dai padroni di Bruxelles, la Bolkestein era ormai archiviata dal 2007) si proporranno per “difenderci” e andare in Europa a cambiarla. Purtroppo si deve prendere atto che l’opinione pubblica italiana non è quella di Gran Bretagna o della Francia: non è minimamente in grado neanche di frapporre i più elementari argini di difesa, sembra un paese di scolari a cui si dice la mattina quello che devono pensare fino alla sera.
Luigi Di Stefano
2 comments
….e la Polizia che fa? Li prende a sprangate giusto no? I centri sociali edi i Black Block si arginano lasciando che sfascino tutto quello che trovano i lavoratori si manganellano.
Segnalo due principali inesattezze.
Il CETA “danneggia soprattutto e ancora una volta il nostro comparto agroalimentare”? FALSO, il trattato prevede che entro i prossimi sette anni il 92% dei prodotti agroalimentari di provenienza europea esportati in Canada risulteranno esenti da dazi. Non solo ci costerà meno vendere i prodotti italiani in Canada, ma è anche prevista maggiore tutela e lotta alla contraffazione per 143 prodotti DOP/IGP anche in Canada. Fonte: http://ec.europa.eu/trade/policy/in-focus/ceta/ceta-explained/index_it.htm
“Nessuno dei 27 paesi Ue ha ratificato la Direttiva Bolkestein” tranne l’Italia? FALSO. Tutti i Paesi hanno applicato la direttiva, solo l’Italia fatica (ancora) a farlo. Fonte: https://ec.europa.eu/growth/single-market/services/services-directive/implementation_it