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Ma Höcke è veramente un «nazista»? Ritratto del leader dell’Afd in Turingia

by Valerio Benedetti
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Il politico dell'Afd Björn Höcke

Berlino, 28 ott – Se in Italia si leggesse solo Repubblica e volessimo conoscere i risultati delle elezioni in Turingia, ci ritroveremmo di fronte a questo titolo: Turingia: vola l’ultradestra di Bjoern Hoecke, il politico che sfila con i neonazisti. Tonia Mastrobuoni, la corrispondente dalla Germania per Repubblica, descrive quindi Höcke come «un politico noto per aver definito il monumento all’Olocausto “una vergogna” e per aver sfilato in mezzo ai neonazisti e gli hooligan di Chemnitz, a settembre del 2018». Una descrizione tutt’altro che imparziale, ma che rende bene l’idea del livello a cui è arrivato lo scontro elettorale. Poco prima delle elezioni, del resto, il candidato di punta della Cdu in Turingia, Mike Mohring, non era stato da meno: «Penso che Höcke sia un nazista – ha dichiarato a una tavola rotonda organizzata dalla Taz – e con l’Afd non faremo alleanze».

Un insegnante prestato alla politica

Ma chi è veramente Björn Höcke? Nato nel 1972 in Vestfalia, Höcke proviene da una famiglia di profughi della Prussia orientale, costretti a rifugiarsi nella Germania dell’Ovest dopo l’occupazione delle terre dell’ex Reich da parte di russi e polacchi. Dopo gli studi, ha insegnato per anni storia in un ginnasio dell’Assia, fino a che, nel 2014, non è stato congedato per poter affrontare la sua carriera politica. Prima di approdare tra le file di Alternativa per la Germania (Afd), Höcke aveva militato nella Junge Union, l’organizzazione giovanile della Cdu, a cui aveva aderito all’età di soli 14 anni. Tra gli esponenti più amati dall’elettorato dell’Afd, nel 2014 è entrato nel parlamento regionale della Turingia, mentre l’anno successivo ha fondato Der Flügel, la corrente più radicale dell’Afd, in opposizione all’ala più moderata del partito.

Il discorso di Dresda

Ma la celebrità – se così si può dire – Höcke l’ha raggiunta nel gennaio del 2017, dopo un suo discorso tenuto a Dresda di fronte all’organizzazione giovanile dell’Afd. A finire nella bufera fu in particolare questo passaggio della sua orazione: «Noi tedeschi siamo l’unico popolo del mondo che ha eretto un monumento della vergogna (Denkmal der Schande) nel cuore della sua capitale». Höcke si riferiva al Memoriale dell’Olocausto, edificato nel centro di Berlino, ed è proprio a questo che allude Repubblica quando dice che il politico dell’Afd avrebbe «definito il monumento all’Olocausto “una vergogna”». Si tratta, tuttavia, di una forzatura bella e buona: in effetti, Höcke non ha assolutamente definito il monumento in sé una «vergogna», ma il genocidio stesso, specificando che il memoriale è stato eretto proprio per ricordare una vergogna. E, rispondendo alle critiche, Höcke stesso puntualizzò che la dizione «monumento della vergogna» (Denkmal der Schande) è stata utilizzata in atti ufficiali addirittura dal… parlamento tedesco!

Contro il «culto della colpa»

Quello che Höcke in realtà aveva criticato era il «culto della colpa» e il rapporto morboso e dimidiato che il popolo tedesco ha con la sua storia. Quel «culto della colpa» che è stato per così dire inscritto nelle Tavole della Legge da Jürgen Habermas, il papa laico dell’anti-patriottismo (o auto-razzismo) tedesco. Nella sua difesa dalle deformazioni dei media, del resto, Höcke citò due potenti «alleati». Innanzitutto il noto scrittore tedesco Martin Walser, che nel 1998, ritirando un prestigioso premio letterario nella Paulskirche di Francoforte (sede del primo parlamento tedesco dell’era moderna), affermò: «Nella discussione intorno al Memoriale dell’Olocausto a Berlino i posteri potranno verificare che cosa hanno combinato quelle persone che si sentono responsabili per le colpe di altri: la cementificazione del centro della capitale [il monumento è fatto di calcestruzzo, ndr] con un incubo grande come un campo da calcio. Una monumentalizzazione della vergogna (Schande)». Walser, sempre nel medesimo discorso, parlò addirittura di una «strumentalizzazione della nostra vergogna per scopi politici attuali».

Ma l’alleato più potente di Höcke era soprattutto Peter Eisenman, l’architetto ebreo che ha disegnato il memoriale stesso, che nel 2005 dichiarò: «Naturalmente negli anni Trenta l’antisemitismo prese il sopravvento, un momento terribile della storia. Ma per quanto tempo ci si deve sentire in colpa? […] Io spero che questo memoriale, grazie all’assenza di riferimenti a colpe specifiche, contribuisca a superare questa colpa stessa. Non si può vivere con la colpa. Se la Germania lo facesse, allora l’intero popolo tedesco dovrebbe andare dallo psicoterapeuta».

Höcke e Salvini

Insomma, le accuse di «neonazismo» contro Höcke appaiono più pretestuose che altro. Quello che non gli viene perdonato, infatti, è soprattutto la sua mancanza di timore nel confrontarsi con i circoli culturali della «nuova destra» tedesca, che il clero intellettuale di sinistra bolla acriticamente come «nazista» o di «estrema destra». Ma del resto, si sa, in Germania basta poco per meritarsi questo appellativo: già esporre una bandiera tedesca o parlare di «amor di patria», infatti, è più che sufficiente per essere squalificati come «nazisti». Ma Höcke, che ha più volte condannato la dittatura hitleriana, ha ben altri modelli politici che non le camicie brune, come ad esempio Matteo Salvini. Ma per la sinistra italiana, come ben sappiamo, anche Salvini è spesso dipinto come un «nazifascista». Una supercazzola buona per tutte le stagioni, utile forse a compattare il malmesso fronte «antifascista», ma totalmente inadeguata a comprendere la realtà politica. Ma in questo, ormai, la sinistra sembra diventata una vera maestra.

Valerio Benedetti

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