Berlino, 15 mag – In Germania le elezioni per il rinnovo del parlamento regionale della Renania Settentrionale-Vestfalia (NRW) rivestono tradizionalmente un’importanza particolare. Questo Land, infatti, è il più popoloso dell’intera Repubblica Federale e i risultati dell’ultima tornata si presentano un po’ come una specie di prognosi delle elezioni nazionali, che avranno luogo tra quattro mesi. E i risultati, in questo caso, hanno già detto qualcosa di importante: la Merkel rimane l’assoluta favorita per la corsa alla cancelleria, mentre Martin Schulz si sta rivelando un fuoco di paglia nonostante il sostegno unanime e a tratti quasi indecoroso dei media mainstream.
Malgrado la Cdu avesse puntato su una figura tutto sommato scialba come Armin Laschet, il partito della Merkel è comunque riuscito a sfondare in NRW, cioè una tradizionale fortezza dei socialdemocratici (noi diremmo una «regione rossa»). Laschet, con il suo 33%, è riuscito a staccare di due lunghezze la Spd, ancorata al 31%. Può sembrare una differenza minima, ma non lo è affatto se consideriamo i dati storici e gli spostamenti del voto: rispetto al 2012, infatti, la Cdu ha incrementato il suo consenso del 6,7%, mentre il tracollo della Spd si traduce in una perdita disastrosa dell’8%. Per quanto riguarda gli altri partiti, si registrano la crisi ormai acuta dei Verdi (dall’11 al 6%), la sorprendente crescita dei liberali della Fdp (dall’8 al 12%) e l’ennesima bocciatura della Linke, che ha mancato di poco il raggiungimento della soglia di sbarramento (5%) e che quindi anche stavolta non è riuscita a entrare in parlamento.
Un discorso a parte merita il risultato dell’Afd. Con il suo buon 7,4%, il partito sovranista guidato da Frauke Petry ha centrato l’obiettivo minimo: entrare per la prima volta nel parlamento di Düsseldorf. Ma, d’altra parte, questa percentuale conferma l’esistenza di una Afd a due velocità: a Est ruolino di marcia di tutto rispetto (si viaggia intorno al 20%), mentre a Ovest non si scala la marcia oltre il 10%. È pur vero che l’elettorato della Germania occidentale (più moderato) è molto diverso rispetto a quello della Germania orientale (più radicale). Eppure, i recenti risultati nel Land dello Schleswig-Holstein – dove un’Afd più remissiva del solito ha raccolto un misero 5,9% – confermano che un approccio troppo moderato e compiacente nei confronti dell’establishment non paga.
A ciò si devono aggiungere due dati. In primo luogo, il conflitto interno tra «realpolitici» e «intransigenti» non ha di certo aiutato ad accrescere i consensi. Al contrario: ha finito per spaesare il suo elettorato e non ha convinto gli indecisi. In secondo luogo, il punto di forza dell’Afd è sempre stato nella sua capacità di mobilitare gli astenuti. Questa volta, invece, l’impresa è riuscita soprattutto alla Cdu. Tutto ciò conferma che i tedeschi – quando non ci sono attacchi terroristici o stupri di gruppo da parte di immigrati – torna più che volentieri a votare i partiti tradizionali, e in particolare la Merkel, che a questo punto sembra non avere più rivali. Insomma, proprio adesso che il giovane partito sovranista non ha più il vento in poppa, potremo valutare meglio se l’Afd è una forza politica strutturata o meno. Per esprimere un giudizio più attendibile, non resta che attendere le elezioni nazionali del prossimo settembre.
Valerio Benedetti