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Global Britain: cosa prevede la nuova dottrina di politica estera britannica

by Lorenzo Berti
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Global Britain, politica estera

Roma, 26 nov – Archiviata la Brexit, senza che si verificasse nessuna delle catastrofi previste dai fanatici di Bruxelles, per il Regno Unito è arrivato il momento di voltare completamente pagina in politica estera. Il ritiro dal Canale di Suez nel 1968 aveva di fatto sancito la rinuncia di Londra alle vecchie ambizioni imperiali dando vita ad una stagione di politica estera poco interventista che però adesso potrebbe cambiare. Il governo del conservatore Boris Johnson ha lanciato la cosiddetta Global Britain che il premier definisce come “la più grande revisione della politica estera, di difesa e di cooperazione internazionale dalla fine della Guerra Fredda, con l’obiettivo di massimizzare l’influenza britannica nel mondo”.

Global Britain: più Usa e Commonwealth, meno Europa

A marzo di quest’anno viene presentato al parlamento inglese il documento Global Britain in a competitive age nel quale vengono dettagliati i capisaldi della politica estera britannica da qui al 2030. Al centro vi è una rinnovata volontà di potenza in campo geopolitico che passa prima di tutto dal rafforzamento dei legami, soprattutto commerciali ma anche militari, con le ex-colonie del Commonwealth, a partire da India, Australia, Nuova Zelanda, Singapore e Malesia. Diventa di secondaria importanza invece il rapporto con l’Unione europea, che non viene quasi mai citata nel documento.

In linea con quanto detto vi è il recente patto di sicurezza Aukus con Usa e Australia per la formazione di una sorta di Nato nell’Indo-Pacifico, zona considerata di massima importanza nelle strategie di Londra. Questa mossa ha creato malumori in Europa, con l’Ue che si lamenta di non essere stata pre-informata e Parigi che perde un contratto astronomico per la fornitura di sommergibili all’Australia, ma soprattutto irrita la Cina, essendo un’alleanza che mira dichiaratamente a contrastarne l’influenza nell’area. D’altronde la naturale conseguenza della volontà inglese di rafforzare il legame con gli Stati Uniti è l’allineamento alle battaglie di interesse americano nel mondo, in primis il contrasto di Cina e Russia.

Ritorno alla conflittualità con Pechino e Mosca

Dall’Indo-Pacifico a Hong Kong, dove il governo inglese sostiene attivamente le proteste dei manifestanti filo-occidentali, le relazioni tra Regno Unito e Cina tornano ad essere infuocate dopo un breve periodo storico di tregua.
Con la Russia la situazione è ancor più conflittuale, tanto che viene definita addirittura come la principale minaccia internazionale alla sicurezza inglese. Dal caso Litvinenko in poi il Regno Unito si è progressivamente affermato come bastione russofobo e Londra è ormai il principale sponsor europeo, soprattutto a livello di intelligence, delle operazioni anti-russe nell’Est Europa.

A sostegno del rinnovato protagonismo in campo internazionale vi è la decisione di aumentare, per la prima volta dal termine della Guerra Fredda, il numero delle testate nucleari da 180 a 260. E a completare il quadro l’obiettivo di diventare entro il 2030 una superpotenza scientifica e tecnologica, basando questa prospettiva sui risultati ottenuti in termini di ricerca vaccinale e sull’alto livello delle proprie università di élite.

L’allontanamento di Londra può essere un’opportunità per l’Europa?

Se tutte queste ambizioni si concretizzeranno oppure resteranno solamente fantasie nostalgiche di un passato imperiale che fu, solamente il tempo potrà dircelo. Probabilmente gli obiettivi di Global Britan sono troppo ambiziosi per il Regno Unito di oggi. Dal secondo dopoguerra in poi Londra ha spesso vantato un prestigio internazionale superiore al suo peso reale, vivendo di rendita grazie allo stretto legame con gli Usa, al diritto di veto nel consiglio di sicurezza dell’Onu, al formale mantenimento del Commonwealth ed anche alla progressiva imposizione dell’inglese come lingua standard nella comunicazione internazionale.

La scommessa inglese della Global Britain per costruire un futuro lontano da una Unione europea sempre più decadente è però una scelta audace e certamente ben ponderata. Da italiani non possiamo che provare un po’ di invidia nel guardare una nazione che dimostra un rinnovato spirito di volontà di potenza e programma in modo dettagliato i propri obiettivi da oggi a dieci anni. L’allontanamento del Regno Unito potrebbe essere un’occasione anche per l’Europa stessa se davvero ci fosse l’interesse ad avviare un percorso di emancipazione rispetto allo status attuale di colonia americana.

Lorenzo Berti

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1 commento

fabio crociato 26 Novembre 2021 - 4:51

La lingua inglese ha consentito l’ inserimento del bi-turbo. Grazie ai sistemi “gestionali” digitali! Stanno operando affinché l’ espansione comunicativa in altre lingue trovi più terra bruciata possibile. Tutto il resto viene di conseguenza. Chi va oltre se comprende male?

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