Lo stesso premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva detto in un recente discorso alle Nazioni Unite che “la preoccupazione condivisa per il nucleare iraniano ha portato molti vicini arabi a realizzare che Israele non è il loro nemico”, ipotizzando nello stesso discorso addirittura future “nuove relazioni” con i paesi del golfo. In realtà la crisi nucleare iraniana sembra essere più una scusa per l’opinione pubblica visto non solo che l’Iran è tra i principali fornitori di petrolio di Israele, ma soprattutto perché rapporti diplomatici tra stati arabi del Golfo e il governo israeliano sono fitti già da tempo: in Qatar fino a qualche anno fa era presente un ufficio relazioni proprio con Israele e una “svista” nel budget governativo israeliano per il 2013 ha rivelato il finanziamento per un ufficio diplomatico nel Golfo Persico, voce poi prontamente eliminata.
Anche i presunti attriti tra governo israeliano e amministrazione Obama sono precedenti al disgelo con l’Iran, basti pensare al fatto che fu l’israeliano Haaretz uno dei primi quotidiani a mettere in dubbio le fonti dell’intelligence americana riguardo le fantomatiche armi chimiche di Assad. La sensazione è quindi che il disgelo Usa-Iran sia stato solo il pretesto per un’accelerazione che il recente scottante fallimento diplomatico nell’affaire Siria ha reso necessaria per spingere i promotori dell’aggressione al governo di Assad a cercare da subito nuove strategie per il riposizionamento. In attesa della prossima mossa.
Carlomanno Adinolfi