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Il tedesco Der Spiegel: "Italiani mendicanti, dovrebbero dirci grazie"

by Luigi Di Stefano
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Roma, 27 mag – “I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa”. Scrive, con la solita eleganza, Der Spiegel (ovvero L’Espresso tedesco). Il settimanale tedesco si occupa dell’Italia e nella sua edizione on line accusa il paese di voler “scroccare” dal resto dei partner Ue, in un durissimo articolo firmato da Jan Fleischauer. Non si tratta di un paese povero, scrive il giornalista nel suo commento al piano del futuro governo, e poi attacca: “Come si dovrebbe definire il comportamento di una nazione che prima chiede qualcosa per lasciarsi finanziare il suo proverbiale ‘dolce far niente’, e poi minaccia coloro che dovrebbero pagare se questi insistono sul regolamento dei debiti? Chiedere l’elemosina sarebbe un concetto sbagliato. I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa. Scrocconi aggressivi si avvicina di più alla condotta dell’Italia”.
Che futuro abbiamo in una Ue che vorrebbe farci mantenere il ruolo di “mendicanti scrocconi e aggressivi” manco fossimo clandestini in una Europa che abbiamo fondato, e non la settima potenza economica del mondo, la seconda industria europea etc? La volta scorsa nel 2012 ci misero la pistola alla tempia con lo spread perché il governo Berlusconi recalcitrava a mettere i miliardi italiani nel Fondo salva Banche che copriva le perdite delle banche francesi e tedesche sulla crisi greca, ora lo stanno rifacendo per il nuovo governo Lega-M5S sgradito a Berlino e Parigi. Nel 2012 la pistola alla tempia la misero i tedeschi annunciando in gran pompa di vendere i titoli di Stato italiani, stavolta ci ha pensato l’agenzia di rating francese Fitch. Naturalmente, come abbiamo scritto ieri, le aste di TDS italiani sono andate benissimo ma già tutto l’apparato mediatico in mano a quelli che hanno perso le elezioni si è scatenato per ricreare nell’opinione pubblica il clima del 2012 che avrebbe portato ai governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, campioni di “risanamento” che hanno fatto +380 miliardi di debito pubblico ma senza che per loro si levasse il “pericolo spread”. Perché?
Perché abbiamo accettato di ammazzare l’agroalimentare meridionale con le “aperture” alle produzioni nordafricane, perché abbiamo accettato che le navi di tutta europa portassero in Italia il popolo dei gommoni, perché abbiamo accettato di vendere l’impianto siderurgico più grande d’europa ad Arcelor-Mittal, dove Arcelor è francese e Mittal indiano. Mentre non si è accettato che Fincantieri prendesse la maggioranza di controllo dei cantieri francesi di Saint Naziaire, maggioranza già concessa a un gruppo coreano che era andato fallito. Perché ci si rimette la pistola alla tempia e ci si dichiara “mendicanti ingrati” sulla ipotesi che il Prof. Paolo Savona vada alla guida del Ministero dell’Economia? Perché Savona ha seguito il percorso che è stato di tutti: dopo la positiva edificazione del M.E.C., il Mercato Comune Europeo, la nascita della U.E. E dell’Euro non poteva portare a sentimenti avversi a prescindere. Ma poi ci si è resi conto che Schumann, De Gasperi e Adenauer non avevano niente a che vedere con Merkel, Sarkozy o Prodi: i primi due dediti alla riedificazione dell’Impero Carolingio con gli Stati Vassalli del Barbarossa.
Savona ha seguito lo stesso percorso: prima favorevole e alla prova dei fatti contrario, e sostiene che ci dobbiamo “preparare” al crollo o all’uscita dall’Euro, volenti o nolenti che sia. Se non vogliamo fare la fine della Grecia coi ragazzini che svengono dalla fame nelle scuole. E proprio perché il potere di Germania e Francia in sede Ue dipende dalla capacità di killeraggio (come credeva il Barbarossa nel 1178, la Grecia è stato un test per mostrare a tutti cosa succede a chi non manifesta “Obbedienza, pronta, cieca, assoluta”) è ovvio che vogliano formare in Italia un governo “obbediente” qualunque sia il risultato elettorale, e che quindi sia composto dai loro pupazzi come nella precedente legislatura. E non vogliono assolutamente un Savona che, per esperienza, prestigio e capacità andrebbe alla U.E. a tener testa alle pretese, sempre più corpose, degli Stati Guida (di fatto una riedificazione della vecchia URSS che agiva allo stesso modo verso gli Stati Vassalli a “sovranità limitata”.
Intendiamoci, la cosa era ben chiara anche a Renzi che alle elezioni europee prese il 40% con lo slogan “Cambieremo l’Europa” e organizzò il meeting a Ventotene con Merkel e Hollande per ritrovare lo spirito europeo del padri fondatori. Ma ricevendo in cambio solo pernacchie a cui, decisione del Pd, si sono adeguati. Ora “un caso della storia” ha voluto che si andassero nuovamente a saldare le istanze della piccola e media borghesia del settentrione e del meridione vessata da oltre venti anni di II Repubblica che ha fatto dell’Italia terra di conquista per stranieri. Non saranno le camarille di palazzo o gli insulti di Der Spiegel a fermarla.
Luigi Di Stefano

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6 comments

SilvioD. 28 Maggio 2018 - 5:36

Questo giornale propone degli articoli interessanti, ma manca decisamente di uno spazio di confronto da parte dei lettori. Mi chiedo se il fatto che non ci siano commmenti è legato alla gestione del giornale stesso o alla mancaza di lettori che desiderano confrontarsi.
Io personalmente ho scritto dei commenti diverse volte e non sono stati pubblicati. Peccato. Prima o dopo sposterò la mia attenzione su altri spazi dove vi sia qualità d’informazione e scambio attivo tra lettori.

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paolo 28 Maggio 2018 - 11:24

si,si….
aspetta che arriviamo al voto e vediamo,eh?
perchè a giudicare da quello che sento e da quello che leggo,
questa è l’ultima volta che interferiscono:
perchè che vinca il cambiamento con percentuali altissime
è inevitabile,a questo punto:
se cercavano il modo di fare infuriare gli italiani,non avrebbero potuto farlo meglio….
e se la percentuale sarà sufficiente
a modificare la costituzione (ed è molto probabile che sia così)
il mattarello passerà alla storia per essere stato responsabile non solo della morte
della PdR,ma anche della totale scomparsa di tutto il vecchio arco costituzionale.

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