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In Francia a bruciare è l’ultimo uomo. Ecco chi soffia davvero sul fuoco

by Valerio Savioli
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Roma, 3 lug – Sono ormai cinque giorni che Parigi e la Francia bruciano, un incendio nato in seguito alla sparatoria avvenuta nel quartiere popolare parigino di Nanterre in cui un diciasettenne di origini nordafricane ha perso la vita per mano di un poliziotto. Una replica, in salsa europea, dell’omicidio di George Floyd e dei moti distruttivi dei Black Lives Matter, episodi deflagranti all’insegna del defund police e denominati dai professionisti dell’informazione come “peaceful protest”.

I disordini si sono immediatamente espansi a macchia d’olio in tutto il Paese. Così come negli Usa, i rivoltosi indirizzano strumentalmente la loro rabbia verso la supposta brutalità della polizia ma sarebbe facile e fuorviante confondere cause e conseguenze. Certo, la tentazione di inquinare le acque e creare confusione continuerà imperterrita e spudorata da parte degli araldi dell’immigrazionismo senza se e senza ma, stupirsi che gli sradicati che hanno in odio la propria identità e cultura siano disposti a tutto pur di trascinare nel loro sordo nichilismo il futuro dei relativi connazionali non è più concedibile; d’altronde di quante altre prove avete bisogno per aprire gli occhi? 

“Uno stormo di tre oche, una volò ad est, una volò ad ovest, una volò sul nido del cuculo”

Da più d’ottant’anni al Vecchio Continente e ai suoi abitanti sono stati insegnati rinnegamento e odio, quell’odio di sé a cui il filosofo inglese Roger Scruton aveva dato un nome: oicofobia. Così, puntualmente, la nuova società matrigna che ogni giorno che passa ricorda la caposala dagli occhi iniettati di sangue, passa in rassegna i suoi pazienti per verificare se questi abbiano ingerito la loro medicina, in quella gabbia di matti, più o meno indotti, è proprio il renitente alla terapia quotidiana, per il sistema rieducativo il più (utile) pericoloso in assoluto, a non rinunciare alla propria identità, alla propria salute e alla propria vita, in cambio di questa consapevolezza egli si ritrova a sopravvivere in un contesto organizzato e pianificato per la cancellazione e l’annientamento di quel residuo identitario, e quindi vitale, di quello che per millenni ha costituito. Qualcuno l’ha chiamata cancel culture, la cultura della cancellazione, figlia diabolica di quel sofisticato sistema di potere noto come politically correct.

Nel sistema democratico-penitenziario d’occidente, il Grande Ospizio di Eduard Limonov, il laboratorio a cielo aperto più ambizioso di sempre, si lavora per destrutturare l’uomo rinchiuso in un’allucinazione di vetro e silicio che sanificando il linguaggio e cauterizzando ogni radice vuole cristallizzare il tempo in un perimetro di infinite invalicabilità. Il soma del Mondo Nuovo saranno i consumi, gentilmente concessi, per il bene comune. Degli happy few, sia chiaro.

Il propellente vendicativo di odio annichilente e controllante che ha, da tempo immemore, individuato come nemico principale l’Europa e il suo retaggio millenario, è all’opera per finire il suo lavoro con strumenti sempre più perfezionati, pervasivi ed efficienti.

Francia, banlieue in fiamme. Un’ottima notizia

Ed è questa l’istantanea del presente del Vecchio Continente. Vista da fuori, con gli occhi alchemici degli ingegneri sociali, degli immensi portafogli sovranazionali, le fiamme che divampano il Francia non destano particolare interesse: il percorso verso l’isola mondo-occidentale di Utopia procede a gonfie vele.

Quanto sta accadendo in Francia è infatti utile anche empiricamente, nell’ottica della raccolta dei dati, di come i topolini, squittenti nel labirinto di plastica, rispondano ai premi e alle punizioni. Barrus Skinner, vero e proprio padre del condizionamento operante, guarderà da lassù – o molto più probabilmente da laggiù – con invidia ai tempi che corrono: “Ora si può fare!”, “It’s alive! It’s moving! In the name of God, now I feel what it feels like!”.

Fallimento? Punti di vista

Il multiculturalismo è, da una prospettiva sentita nel basso, un fallimento, questo è chiaro, cristallino, inutile incedere con gli esempi, tutti ne siamo a conoscenza, proprio perché siamo consapevoli che il razzismo esiste anche tra le popolazioni non bianche e anzi sono proprio queste ultime soggette a una vera e propria discriminazione, a cui qualcuno (coloro a cui facevamo riferimento sopra, quelli che hanno in odio il proprio simile, financo nel sangue e nella terra) cerca pure di trovare viscide giustificazioni fuori tempo massimo. 

A chi manca il coraggio del suicidio resta solo la consolazione della vendetta, a patto che questa si possa appaltare. La ricerca di un nuovo, forte e virile, padrone che possa rivendicare le proprie sclerotiche e vili repressioni. 

Ma chi è che bussa alle porte della Francia? Chi è che bussa alle porte dell’Europa? Le rivendicazioni violente di questi giorni sono principalmente da additare all’imposizione del processo multiculturale, guarda caso proprio nella patria dell’assimilazionismo, imposto brutalmente dai padroni delle ferriere, i quali si continuano ad avvalersi dei coagulanti culturali e sedativi di cui l’occidente tutto si è ampiamente dotato mantenendo un sistema di potere oligarchico capace di mettere in campo quei meccanismi di esclusione e atomizzazione tipici del capitalismo post-produttivo.

Le rivendicazioni in terra di Francia hanno una componente identitaria, sebbene spuria, visto che stiamo parlando principalmente della terza generazione, quella che oggi, citando maldestramente Sylvan Tesson, più che agitare il Corano pretende di partecipare al banchetto occidentale; d’altronde le promesse si devono mantenere, sennò c’è chi rimane deluso e chi, invece, s’arrabbia. 

Alexandr Solzhenitsyn stupì i benpensanti radical chic di Harvard nel 1978, quando questi lo invitarono a parlare con la speranza che l’esule sovietico e di nazionalità russa decantasse le lodi del sistema liberale occidentale ma in quell’accorato, quanto memorabile, discorso dopo aver citato l’anima e la sua necessità di ambire a cose più elevate, più calde e trasparenti rispetto a quella società dei consumi (e dello Spettacolo, vedasi Guy Debord) disse: “Se un Paese resta senza energia elettrica per poche ore, e all’improvviso una folla di cittadini americani produce saccheggi e devastazioni, la superficie sociale appare molto debole, e il sistema sociale instabile e malsano. Ma il conflitto materiale e spirituale, nel nostro pianeta, è un conflitto di proporzioni cosmiche, e non una vaga questione nel futuro; esso è già iniziato. Le forze del male hanno iniziato la loro offensiva decisiva. Si può sentire la loro pressione, eppure gli spettacoli sugli schermi e le pubblicazioni sono piene di sorrisi costruiti e la gente si è tolta gli occhiali.  Dov’è la felicità?”

Già, dov’è la felicità? Sarebbe già tanto se riuscissimo a definirla, la felicità, ma assumendone un significato sfuggente generico-materiale, oltreoceano restano in pochi, oggi, a credere in quel sogno americano, mentre nella periferia dell’Impero, la buona, vecchia e cara Europa, lembo pasciuto a cui è stato concesso di vivere di economicismo, quello che rimane è quell’apatia mista a quella rassegnazione tipiche dell’anziano terminale. Il Grande Ospizio di Limonov, appunto.

E di fronte a tutto questo il maschio europeo come reagisce? Esattamente come un eunuco in procinto di accoppiarsi: non lo fa. Decenni di lenta, costante e minuziosa evirazione del maschio (si era partiti con la soppressione della figura del padre/autorità ecc.) ha portato all’uomo devirilizzato (vir inteso come forza), impaurito e pronto alla sottomissione. Sì, quella di cui scrive cinicamente Michel Houellebecq. 

Indimenticabili quanto umilianti i recenti frammenti statunitensi in piena epoca BLM, in cui cittadini neri intimavano ai bianchi ad inginocchiarsi per strada, obbligandoli a baciare i piedi e a pentirsi dei loro reconditi, atavici e sistemici peccati. Take your knee! E tutti i Divi di Stato, dai calciatori alle Boldrini di turno a pentirsi e struggersi, indossando il cilicio politically correct, di misteriose responsabilità. Espiazione e sottomissione. Ce lo siamo dimenticati? Forse sì, anche perché nell’eterno nuovo presente non serve ricordare.

D’altronde come reagì l’europeo, solo per fare qualche esempio, di fronte agli stupri di Colonia, agli omicidi efferati di giovani ragazze in Francia, in Italia, alle violenze in Scandinavia e Regno Unito? Chiedendo ancora più immigrazione!

Quindi è di grande sostituzione che stiamo parlando? Le Grand Remplacement preconizzato da Renaud Camus? Il suggestivo Ultimo Bianco di Robert E. Howard? Il Campo dei Santi di Jean Raspail? In parte può anche darsi. Il processo migratorio in atto difficilmente è attuato in un’ottica di eurabizzazione o islamizzazione, proprio perché ogni identità è avversata e solo il guano del conformismo liquido e la parcellizzazione sociale possono essere i fini sostenibili e monetizzabili di questa distopica utopia. 

Il flusso migratorio è piuttosto utile a generare tensioni sociali funzionali per distrarre dai timonieri occulti e ad abbassare il costo del lavoro, di quel lavoro però che andrà, per buonissima parte, ad automatizzarsi e di cui la componente umana, sempre più ridotta a una triste quanto spietata competizione, sarà sempre meno necessaria in termini di impiego. Ed eccoci giunti alla miccia definitiva, al crocevia preconizzato da quei centri di potere sovranazionali, detentori di una buona fetta del destino occidentale, che beffardamente ci ricordano che non avremo niente e saremo feliciSe le tensioni razziali potevano essere tenute sotto controllo grazie a un combinato disposto di politicamente corretto e opportunità lavorative al limite dello sfruttamento, ora il giochino sembra non funzionare più. Difficile dire cosa ci attende, più facile sostenere chi potrà frapporsi a tutto questo: l’Uomo, in quanto tale. E sarà l’ultimo.

Valerio Savioli

 

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2 comments

Cesare 3 Luglio 2023 - 8:58

Complimenti all’ autore per una analisi esatta delle dinamiche massoniche dietro alla dittatura attuale della finanza apolide.
Non bisogna sottovalutare il ruolo dei sionisti che seguono la loro bibbia satanica talmud, in cui i non ebrei(goyim) sono assimilati agli animali e si puo’ impunemente ucciderli come fanno con i palestinesi anche bambini.
Scopo ultimo descritto nel talmud è generare conflitti tra le principali religioni alternative al fine di ottenere la vittoria finale della razza ebraica ed il suo dominio del mondo.Un esempio è il sionista Soros che finanza le ong che portano barconi di stranieri la cui integrazione non è sempre possibile, come si puo’ vedere dagli eventi in Francia.Oltre a mischiare i popoli per generare conflitti, un altro obiettivo è ridurci ad animali senza diritti reali e ci sono riusciti bene con la truffa covid e i suoi domiciliari ad un popolo intero, il certificato per girare in macchina con attestati i motivi,il green pass con qr code come negli alllevamenti animali e i veleni genici mortali

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Gli spacciatori chiedono ai rivoltosi islamisti di fermare le violenze in Francia: "Così non possiamo più spacciare" - Rassegne Italia 6 Luglio 2023 - 10:14

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