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India: liberi dopo 5 anni di galera per “mancanza di prove”

by Alessandro Pallini
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bruonoboncompagniRoma, 21 gen – I due giovani italiani Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni detenuti nel carcere di Varanasi, in India, da ormai cinque anni sono stati rilasciati ieri, dopo l’assoluzione in terzo grado di giudizio.

Avevano ben poche speranze di essere rilasciati dalle autorità indiane i due italiani ingiustamente accusati dell’omicidio del loro amico e compagno di viaggio Francesco Montis, dopo le condanne all’ergastolo in primo e secondo grado, invece ieri mattina l’ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini, comunica con una telefonata la lieta notizia a Marina Maurizio, madre di Tomaso Bruno, divenuta ormai la paladina per la causa di liberazione dei due ragazzi.

La decisione di assoluzione di oggi arriva dopo lunghi rinvii della giustizia indiana. Il ricorso alla corte suprema era stato giudicato ammissibile il 4 febbraio del 2013 e la prima udienza era stata fissata per il settembre successivo. Sentenze tutte rinviate fino ad oggi, quando, la sezione n. 12 della Corte Suprema, presieduta da Anil R. Dave, ha stabilito che gli autori dell’appello dovevano essere «subito rimessi in libertà». Così, Tomaso ed Elisabetta, che non avevano mai perso la speranza, rientreranno presto in Italia e potranno riabbracciare i propri genitori.

Sono più di tremila gli italiani detenuti a vario titolo nelle carceri straniere (a questo riguardo cfr. Fabio Polese e Federico Cenci, Le voci del silenzio – storie di italiani detenuti all’estero, Eclettica edizioni), spesso in spregio al diritto internazionale e soggetti all’inadempienza dei nostri consolati.

Tutti loro dovrebbero avere diritto ad un giusto, solerte ed equo processo con la tutela e la garanzia di ciò da parte delle nostre istituzioni, ma spesso, purtroppo troppo spesso, non è così.

Per questo caso indiano è difficile impedire alla mente di fare un parallelismo con i destini dei nostri due fucilieri di Marina militare, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Importante è infatti la solidarietà dimostrata da Paola Moschetti, moglie di Latorre, a Marina Maurizio: Ciao Marina – ha scritto la moglie del marò su Facebook ho appena saputo, sono felice per te e per voi. Un abbraccio e goditi la gioia per cui hai tanto lottato”.

Romano Boncompagni, padre di Elisabetta, la ragazza appena rilasciata dalla giustizia indiana, a caldo ha dichiarato: “Vorremmo dire a tanti che la pensano diversamente che l’India non è quel paradiso che si crede. Spero che la nostra vicenda sia utile ad altri[…] Per noi, al di là dello strazio di vedere Elisabetta in carcere per accuse assurde – ha raccontato – è stato anche un grosso sacrificio. Basti dire che bisognava pagare per tutto, anche per andare a trovarla in carcere. Non voglio dire di più, ma questo sì: la giustizia indiana è un mistero”.

L’augurio che ci sentiamo di fare è quindi che non si ripeta un caso come quello di Elisabetta e Tomaso, ma anche come quello dei marò e di moltissimi altri italiani reclusi all’estero, detenuti per lunghi anni magari “per mancanza di prove”. Magari da innocenti.

Alessandro Pallini

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