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Intercettazioni sull’uso di gas in Siria. Anche Colin Powell aveva le prove in Iraq…

by La Redazione
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Damasco, 13 apr. – Ci sarebbero prove sull’uso dei gas da parte del governo di Damasco nell’attacco a Khan Sheickhoun del 4 aprile scorso. Lo riporta la Cnn. Stando a quanto riferito, i servizi segreti americani avrebbero intercettato comunicazioni tra militari siriani ed esperti chimici riguardanti la preparazione per l’attacco che è costato la vita a 80 persone, tra cui molti bambini. L’intercettazione in questione sarebbe parte del materiale che l’intelligence raccoglie quotidianamente in Siria e Iraq e che di solito viene analizzata solo in casi particolari. L’attacco del 4 aprile era uno di questi. Da quanto viene riferito gli Stati Uniti non erano al corrente dell’attacco e anche i russi non sarebbero coinvolti. Ma solo perché, secondo la fonte della Cnn, sono più furbi a non farsi intercettare. Il presidente siriano Assad nell’intercettazione non viene citato. Ma immediatamente a lui è stata attribuita la paternità dell’uso dei gas e, se confermata, l’intercettazione inchioderebbe Assad.

Fin qui i fatti come vengono riportati dalla Cnn e dai vari siti di informazione che hanno ripreso la notizia. 

Impossibile non pensare a Colin Powell, e alle sue fantomatiche prove sulle armi chimiche di Saddm Hussein che spianarono la strada all’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti. Nel 2003 il buon Colin, Segretario di Stato considerato una “colomba”, portò al Consiglio di Sicurezza dell’Onu una fialetta con dentro una polvere bianca. Diceva fosse antrace e che l’Iraq era in grado di produrne una quantità pari a 25mila litri. Non solo: i leader vicini a Saddam Hussein nascondevano le armi batteriologiche in casa, e per questo gli americani non riuscivano a trovarle.

L’intelligence americana, forse la stessa in grado di verificare e confermare la fondatezza dell’intercettazione che inchioderebbe Assad, secondo Powell era in possesso di un “grosso faldone dei servizi segreti sulle armi biologiche dell’Iraq”. Anni dopo si scoprì che era tutto una bufala. E lo si seppe dall’ingegnere chimico citato da Colin Powell per avvalorare le prove. In una lunga intervista al Guardian Rafid Ahmed Alwan al-Janabi, che nel 2003 era da tre anni beneficiario di asilo politico in Germania, ammise che si era inventato tutto. Testualmente disse: “Mi dettero questa opportunità, di costruire qualcosa per abbattere il regime. Io e i miei figli siamo fieri di averlo fatto e di essere stati la ragione per dare all’Iraq la possibilità di una democrazia”. Poi si è visto come è andata a finire in Iraq e quale democrazia è stata costruita. Ma intanto Janabi e la sua famiglia, ancora oggi, vivono al sicuro in Germania.

Ora che sul banco degli imputati per l’uso di gas e armi chimiche è il governo Assad in Siria, sembra che la storia si ripeta. E poco importa se fiori di studiosi, tra cui Theodore Postol, professore del Massachusetts Institute of Technology (MIT), mettano in discussione la narrativa ufficiale. Pochi giorni fa la Casa Bianca ha rilasciato una breve documento declassificato dove si proverebbe che il presidente siriano Bashar Assad ha ordinato e organizzato l’attacco. Postol lo ha letto e ha dichiarato : “Credo che si possa dimostrare, senza ombra di dubbio, che il documento non fornisce la benché minima prova che il governo degli Stati Uniti abbia conoscenza concreta che il governo siriano è stata la fonte dell’attacco”. Forse proprio per questo sono spuntate le intercettazioni.

 

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