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Iran, sabotaggio del sito nucleare di Natanz: Israele è coinvolto?

by Giacomo Morini
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Roma, 12 apr – Nella mattina del 12 aprile si è verificato un guasto al complesso nucleare sotterraneo di Natanz, in Iran, che ha lasciato il sito senza elettricità per un lasso non meglio definito di tempo. Ciò ha costretto le autorità a prendere le necessarie misure di sicurezza, interrompendo parte delle attività al fine di scongiurare ulteriori pericoli per la popolazione della regione. Il guasto è avvenuto proprio il giorno dopo l’inaugurazione di nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio.

Una “puntualità” che ha portato istituzioni iraniane a sospettare il possibile coinvolgimento di Israele, il quale storicamente agisce anche per vie meno diplomatiche al fine di sabotare il programma nucleare di Teheran. La nazione persiana, da parte sua, ha già detto che si riserverà il diritto di vendicarsi per quello che definisce un atto di terrorismo nucleare – così definito da Ali Akbar Salehi, direttore dell’Organizzazione Iraniana per l’Energia Atomica.

L’ombra del Mossad

A dire di fonti legate a servizi segreti occidentali dalla non meglio specificata nazionalità – a quanto riportano gli israeliani dell’agenzia statale di informazione KAN – il guasto sarebbe stato causato da un attacco informatico del Mossad. Il New York Times appoggia questa ipotesi, facendo leva su fonti dei servizi segreti americani. Anche fonti militari israeliane – incarnate dalla figura di Aviv Kochavi – sembrano suggerire la validità di questa ipotesi.

Se così fosse, non sarebbe la prima volta che i servizi segreti israeliani si intromettono nel programma nucleare iraniano. Un esempio si trova nella morte dello scienziato Mohsen Fakhrizadeh, capo del progetto iraniano per l’arricchimento dell’uranio. Allora, numerosi esponenti della classe dirigente locale accusarono Israele di essere coinvolto. Lo stesso anche quando nell’estate del 2020 si verificarono tre esplosioni sempre a Natanz.

Il sito di Natanz

Il malfunzionamento è avvenuto nel principale sito di produzione di uranio arricchito, a Natanz. Nello specifico, si tratterebbe di un guasto avvenuto nella rete elettrica dell’impianto di Chahid-Ahmadi-Rochan. Solo una delle sezioni di un complesso che copre oltre 10 ettari di terreno, un ampio spazio sotterraneo e che contiene oltre 7.000 centrifughe, contribuendo in maniera significativa alla richiesta nazionale del materiale.

Il capo del governo iraniano, Hassan Ruhani, lo scorso 10 aprile aveva partecipato all’inaugurazione – in diretta televisiva – di una nuova cascata ordinaria e due sperimentali contenenti un totale di 164 nuove centrifughe IR-5 e IR-6S. Questi strumenti – all’avanguardia nella produzione di esafluoruro di uranio – hanno però generato scandalo all’estero in quanto violerebbero apertamente il Jcpoa, il cosiddetto trattato sul nucleare iraniano.

Prospettive per il futuro

Il ministro degli esteri di Teheran, Muhammad Zarif, ha dichiarato che il tentativo israeliano di influenzare le trattative tra Iran e potenze del Jcpoa non riuscirà. Il riferimento è ai colloqui che il 6 aprile si sono svolti a Vienna per cercare di mettere fine a quella crisi diplomatica riguardante l’energia nucleare iniziata nel 2018. L’evento ha portato delle leggere riaperture, tanto che ora si potrebbe considerare una revisione degli obblighi di Teheran.

A dire di alcuni esponenti iraniani l’attacco informatico potrebbe essere quindi un tentativo di Tel Aviv di spaventare Teheran, per ottenere dei progressi nelle trattative, o perché no, di sabotarle. Israele è si è sempre opposto al Jcpoa, sollevando aspre polemiche quando lo stesso fu intavolato – sotto Obama – e plaudendo a Trump quando l’America è uscita dall’accordo, aumentando le sanzioni nei confronti dello storico nemico.

Giacomo Morini

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