Baghdad,14 feb – Gli Stati Uniti nel 2011 abbandonano l’Iraq “pacificato”. Talmente pacificato che rischia di precipitare, come la vicina Siria, nel baratro della guerra civile.
Il 2013 è infatti stato uno degli anni più sanguinosi in assoluto da quando le truppe statunitensi occuparono il Paese nel 2003.
Secondo fonti ONU infatti sarebbero più di 1000 i membri delle forze di sicurezza irachene e quasi 8000 i civili morti a causa di attentati e sparatorie nello scorso anno.
Tra il 2003 e il 2005 i morti civili si contano in circa 13,000 l’anno. Ma, stando all’ONG britannica “Body Count”, nel 2006 sono arrivati a 30,000, con l’esplodere dell’insofferenza verso l’occupante e il crescere della guerriglia fondamentalista, con picchi preoccupanti nella turbolenta provincia di Anbar, nella parte occidentale dell’Iraq.
Tra il 2010 e il 2012 la media è scesa a circa 4,000 vittime l’anno. Ma nel 2013, solo calcolando il periodo tra marzo e ottobre, siamo passati ad oltre 6,000.
La situazione, anche a causa della instabilità della regione, sta diventando sempre più grave: il confine con la Siria è infatti assolutamente permeabile, cosa che viene ampiamente sfruttata dalla milizie quadiste. In più il governo centrale guidato da Nuri al-Maliki sta portando avanti una dura politica repressiva nei confronti della comunità sunnita, cosa che certo non contribuisce a stabilizzare il quadro politico-militare.
In tutto ciò le forze jiadiste prosperano, utilizzando le regioni desertiche al confine con la Siria come un porto franco contro l’esercito di Assad e come bacino di reclutamento. E si vanno formando diverse milizie locali a sfondo etnico-tribale che, anche se non sempre in buoni rapporti con gli islamisti, spesso sono costretti a trovare un modus vivendi.
Questa è dunque l’eredità dell’invasione americana. Nel 2003 è stata occupata una Nazione che (con tutte le sue iniquità) era un elemento stabilizzante nella regione, insieme alla Siria, grazie alla spinta laica e modernizzatrice, con il pretesto del terrorismo internazionale, quello stesso terrorismo che oggi gli USA non hanno paura di utilizzare ai propri fini in varie parti del mondo (non solo in Medio Oriente, ma anche nel Caucaso, tanto per fare un esempio), adducendo puerili giustificazioni circa presunti arsenali di armi di distruzioni di massa.
Dopo quasi 10 anni di “pacificazione” il risultato è un Paese sull’orlo del collasso, che con la sua posizione geografica rischia di diventare un catalizzatore di disordine per tutto il Medio oriente, con varie guerriglie latenti e dilaniato da conflitti etnici, religiosi e politici.
Valentino Tocci