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Johnson insiste sul piano Ruanda per arginare l’immigrazione: ecco cosa intende fare

by Andrea Bonazza
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Roma, 23 giu – Sono passati solo pochi giorni dalla decisione del governo europeo di Strasburgo di bloccare il tanto discusso Piano Ruanda inglese. Il governo britannico di Boris Johnson ha ribadito la sua intenzione di riproporre una nuova Carta dei diritti. Il ministro della Giustizia del Regno Unito, Dominic Raab, ha dichiarato a proposito che la “Carta dei diritti rafforzerà la nostra tradizione britannica di libertà, iniettando una sana dose di buon senso nel sistema”.

La stessa andrà inevitabilmente a sostituire l’attuale legge sui diritti umani nel diritto britannico, ma che, ad oggi, trova lo scoglio della Convenzione europea. Con il Piano Ruanda, la carta in questione prevederebbe inoltre di agevolare l’espulsione dei cittadini stranieri condannati in giudizio. Così facendo l’Inghilterra limiterebbe loro la possibilità di far prevalere il diritto alla vita familiare sulla sicurezza pubblica. Non troviamo difetti!

“Queste riforme rafforzeranno la libertà di espressione, ci consentiranno di rimpatriare più criminali stranieri e proteggeranno meglio la popolazione dai criminali pericolosi“. Afferma ancora il ministro inglese a Sky News, escludendo però di portare il Regno Unito fuori dalla Corte europea dei diritti umani.

La sconvolgente inchiesta di Charlotte D’Ornellas

Ad intervenire in questi giorni sul Piano Ruanda è però anche la giornalista francese di Valeurs Actuelles, Charlotte D’Ornellas. Intervistata a C-News, la giornalista nota per le proprie posizioni “politicamente scorrette” ha spiegato l’accordo votato e siglato ad aprile tra il governo britannico e quello del Ruanda.

Il Piano Ruanda per controllare l’immigrazione

L’idea inglese è sostanzialmente quella di mandare in Ruanda le persone entrate illegalmente sul suolo britannico, così da poter esaminare in maniera certamente più sicura le richieste di asilo. Se la richiesta viene respinta, il clandestino sarebbe stato rimpatriato quindi nel suo paese di origine, oppure, se accettata, avrebbe potuto richiedere asilo in Ruanda. Ciò avrebbe portato a scoraggiare l’immigrazione illegale nel Regno Unito, triplicata nel 2021 rispetto agli anni antecedenti all’emergenza pandemica.

Il 75% degli immigrati che rientrerebbero nel Piano Ruanda sono uomini di età compresa tra i 18 e i 39 anni. In Ruanda verrebbero ospitati in alberghi, beneficiando della protezione prevista dalla legge ruandese. Godendo dei finanziamenti elargiti dal Regno Unito, il Piano Ruanda consente l’accesso al lavoro e ad altri servizi garantiti dallo Stato africano. Leggi analoghe esistono già tra l’Australia e la Cambogia, ma anche con la Libia; mentre Austria e Danimarca intenderebbero percorrere anch’esse la stessa strada.

Risorse per il Ruanda

Nel Piano Ruanda, i vantaggi per il paese africano sarebbero molteplici. Innanzitutto il Ruanda riceverà 120 milioni di Sterline, cifra corrispondente a 144 milioni di euro, per lo sviluppo e la crescita economica. Inoltre l’intero costo della gestione degli immigrati sarà a carico del Regno Unito. Sia per un fattore di crescita del paese, sia per evidenti affinità culturali, il Ruanda sta proponendo agli immigrati presenti in UK di ricominciare una nuova vita dignitosa nel territorio ruandese. Il primo volo per questa zona dell’Africa orientale, però, ancora non è mai partito.

Inizialmente dovevano essere 130 i primi immigrati aderenti al Piano Ruanda, poi però, a forza di ricorsi individuali portati in tribunale dalle associazioni di sostegno agli stessi, il numero è sceso vertiginosamente a 37 e, in seguito, a sole 7 persone. In prima istanza e in appello la Giustizia britannica aveva rifiutato i ricorsi delle associazioni immigrazioniste. Tutto era conforme alla legge, allora votata dal premier Boris Jhonson, che permetteva di far esaminare le richieste all’estero.

L’impedimento immigrazionista

Dunque, dei 130 clandestini coinvolti inizialmente nel progetto, ne erano rimasti appena sette. Arrivati al momento di salire sull’aereo, poche ore prima della partenza, l’avvocato di uno degli immigrati ha portato però in extremis un ricorso davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Il legale immigrazionista ha quindi impedito il decollo ammonendo che, finché la giustizia inglese non si fosse totalmente pronunciata, il velivolo si sarebbe dovuto fermare.

Gli avvocati dei 6 passeggeri hanno poi seguito l’esempio del primo, facendo la stessa cosa e a causa di questi ricorsi di emergenza presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, l’aereo non ha potuto decollare.

La Carta dei Diritti come gabbia giuridica

Le problematiche che si pongono a limite del Piano Ruanda sono quindi da ricercare nella Carta dei Diritti e nei suoi guardiani. Ancora una volta troviamo il lesivo primato dei ricorsi ai diritti individuali contro la salvaguardia di tutta la collettività. Vi è poi certamente l’intromissione di trattati ed enti sovranazionali negli affari interni di paesi sovrani. In questa specifica situazione troviamo infatti governi come quello britannico che, una volta ricevute tutte le rassicurazioni dal Ruanda, con lo stesso giunge ad un accordo per il rimpatrio di clandestini arrivati illegalmente nei territori della regina, trovando però il niet di una istituzione sovranazionale.

Come afferma la stessa Charlotte D’Ornellas, se la legge permette al Regno Unito di far esaminare all’estero una richiesta di asilo, lo deve fare in un paese definito sicuro. Questa definizione presenta però non poche lacune. Basti pensare che paesi come la Tunisia, meta vacanziera per milioni di occidentali, è definita non sicura. Per assurdo, invece, la Libia che tutt’ora è teatro di disordini e ha una situazione statale instabile, viene altresì definita sicura. Il Ruanda si è ovviamente sentito offeso da una simile posizione e ha già ribadito di voler offrire asilo a ben 130,000 rifugiati in buone condizioni.

Il Regno Unito è uscito della UE ma vige ancora la sua firma su vari trattati internazionali

Il blocco del Piano Ruanda è però solo l’ultima cigliegina sulla ricca torta immigrazionista europea. Da sempre la Convenzione di Ginevra vieta il respingimento di navi in mare, obbligandone i soccorsi. Vi è dunque l’obbligo per ogni nazione di accogliere i clandestini anche senza le dovute certezze riguardo generalità e stato di salute o precedenti penali. Lo stesso vale però anche per i confini terrestri dove, secondo la Commissione Europea, i governi non possono costruire muri per impedire i passaggi clandestini.

Liberare l’Europa dalle sue leggi

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, si dimostra dunque ancora una volta una prigione giuridica e politica per i paesi ospitanti. Tra le tante belle parole di chi la compone, con burocrati strapagati per legiferare in base ai piani dettati dalle agende mondialiste, si è creato de facto il diritto di entrare e di istallarsi illegalmente in Europa. Una situazione che sta portando ad una crisi sociale ed economica senza precedenti e che, riversata nelle strade europee, diviene ogni giorno sempre più pericolosa.

In tutto questo scenario apocalittico che, nella realtà, arriva addirittura a superare vecchi testi distopici come il Campo dei Santi, il Piano Ruanda potrebbe rappresentare un ancora di salvezza per i popoli europei. Partendo dal Regno Unito, il progetto potrebbe infatti ispirare anche altri paesi tra cui il nostro, primo in Occidente per numero di sbarchi. Per farlo però, si deve necessariamente intervenire allargando le sbarre della gabbia burocratica europea o demolendo la stessa per riformarla e renderla più vicina alle nazioni che la compongono.

Andrea Bonazza

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