Roma, 18 mag – Il Comitato per i diritti umani del Qatar ha espresso una dura condanna per l’arresto del cittadino Qatariota Nawaf Talal Rasheed sequestrato dalle autorità saudite in Kuwait e poi trasferito in Arabia Saudita.
Nawaf Talal al Rasheed, classe ’89, è il figlio del famoso principe poeta Talal al Rasheed (ucciso in circostanze mai chiarite durante una battuta di caccia con i falchi in Algeria). La loro famiglia è storicamente avversaria dei Saud contro cui in passato si sono battuti per la successione al trono dell’Arabia.
Nawaf infatti è uno dei principi della tribù Shammar che conta centinaia di migliaia di membri in tutta la penisola arabica, in Siria ed Iraq. Da anni viveva con passaporto qatarino perché costretto a lasciare l’Arabia Saudita a causa delle fortissime lotte intestine tra le casate.
La sua famiglia infatti si è sempre schierata al fianco delle espressioni più laiche e tolleranti della politica arabica ed ha più volte espresso posizioni anti wahabite. Molto famosa è anche la zia di Nawaf, Madawi al Rasheed, che insegna nelle prestigiose università inglesi King’s College London ed alla London School of Economics and Political Science ed è una delle più attive dissidenti dell’Arabia.
Quattro giorni fa Nawaf era stato invitato ad una festa in cui era ospite di onore. Durante il suo rientro all’ aeroporto le autorità saudite lo hanno portato via con la forza ignorando i tentativi di mediazione delle autorità del Quatar e del Kuwait.
Secondo il Comitato nazionale per i diritti umani in Qatar (NCHR): ”La detenzione del cittadino Nawaf Talal Rashid mette in evidenza le continue violazioni dei diritti umani da parte delle autorità saudite”.
“Il caso di Rashid è un esempio di come l’Arabia Saudita abbia usato falsi pretesti per detenere arbitrariamente cittadini del Qatar”. Nessuna accusa formale sembra sia stata ancora formulata dai Sauditi e la famiglia ha sporto una denuncia al comitato per i diritti umani. “La sua famiglia ha espresso profonda preoccupazione per la mancanza di informazioni in merito alla sua ubicazione e alla sparizione forzata, così come per l’impossibilità di avere un contatto con lui”, ha aggiunto il comitato. La famiglia di Rashid era in contatto con lui fin quando era in Kuwait, raccontano nella ricostruzione dei fatti, poi se ne sono perse le tracce.
Il caso di Rashid fa parte di “una continua fabbricazione di affermazioni e di ingiusti pretesti utilizzati per la detenzione arbitraria di cittadini del Qatar, che violano tutti i principi internazionali sui diritti umani”. Afferma il comitato che, riterrà, secondo il comunicato, responsabile il governo saudita per qualsiasi violazione all’integrità fisica del ragazzo.
Il mese prossimo sarà esattamente un anno da quando Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti (EAU) ed Egitto imposero sanzioni e blocchi al Qatar per il presunto sostegno al “terrorismo”. Accusa che il Qatar ha sempre negato anche se, sulla vicenda siriana e non solo, spesso sono state trovate piste che portavano al piccolo stato.
Tuttavia è singolare che ad imporre il blocco sia stata una coalizione a guida saudita che di certo non può dirsi estranea alla vicenda dell’aiuto, materiale e politico, al terrorismo e che in Yemen continua impunemente a massacrare la popolazione civile.
Alberto Palladino
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