Skopje, 15 giu – La Macedonia comincerà i lavori per un percorso che porterà il piccolo Stato balcanico ad entrare nell’Ue e nella Nato. Giovedì scorso, infatti, il neo eletto governo ha rilasciato una conferenza stampa in cui ha espresso la volontà di iniziare quella serie di riforme che porteranno Skopje a far parte dell’Unione Europea: diversi gruppi di lavoro organizzati su vari livelli istituzionali intraprenderanno un piano a breve e medio termine (tra i 3 e i 9 mesi) per individuare e risolvere le riforme prioritarie da attuare nel Paese per entrare a tutti gli effetti nel club di Bruxelles.
Durante la stessa conferenza stampa il Premier Zoran Zaev ha dichiarato che l’Unione Europea si è dimostrata particolarmente interessata alle prospettive di integrazione nella zona Euro della Macedonia e quindi ha dato serie disposizioni per attuare tutte quelle riforme strutturali e giurisdizionali necessarie a che avvenga questo processo: tra di esse spicca sicuramente la necessità di avere dei media indipendenti, leggi anticorruzione e non da ultima una riforma importante del sistema di difesa per dotare la Macedonia di un moderno esercito a carattere professionale, condizione propedeutica anche al suo ingresso in seno alla Nato.
Nato che è molto interessata a quanto avviene nel piccolo Stato balcanico, crocevia dell’immigrazione e anche del terrorismo islamico insieme al Kosovo, tanto che, durante il recente assalto di circa 200 nazionalisti macedoni che protestavano contro il Governo socialdemocratico in merito ad una alleanza con gli esponenti della minoranza albanese, ha espresso la propria preoccupazione tramite le parole del suo Segretario Generale Jens Stoltenberg che affermava, il 27 aprile scorso, di essere “scioccato” per gli attacchi al Parlamento e auspicava un confronto democratico tra le parti. Auspico che sembrava più un ordine invero, dato l’uso perentorio della forma “should respect democratic process” nel tweet del Segretario. La situazione a Skopje infatti non è delle più rosee dal punto di vista politico, con i socialdemocratici alla ricerca di una alleanza di governo stabile, con scarsissimo successo, sin dalle elezioni tenutesi lo scorso dicembre; instabilità politica che però non ha impedito al Premier di lanciarsi in una campagna di riforme che porteranno Skopje a gravitare intorno a Bruxelles in tutti i sensi.
A Mosca intanto ingoiano un altro amaro boccone dopo che anche il Montenegro è recentemente entrato a tutti gli effetti nell’Alleanza Atlantica diventandone il 29esimo Paese membro: il Cremlino, dopo aver negato che le recenti sommosse a Skopje siano state sobillate da una manipolazione mediatica orchestrata da Mosca, ha ribadito, nella stessa giornata di lunedì 5 giugno, che l’espansione della Nato verso est ha portato ad un aumento della tensione in Europa che non si vedeva da oltre 30 anni, attraverso le parole del Ministro degli Esteri Sergej Lavrov. L’ingresso della Macedonia nella Nato non sarebbe immediato (occorrono anni per farlo) ma comunque la volontà intrapresa da Skopje stabilisce un viatico che sicuramente sarà mal digerito a Mosca e a Belgrado, e per capirlo basta dare un’occhiata alla carta geografica; se poi consideriamo che in questo modo la Serbia diventerà praticamente una enclave filorussa all’interno di un unico blocco fondamentalmente percepito come ostile si aprono futuri scenari di crisi che fatichiamo a preconizzare. Bisognerà vedere, per allora, quale sarà la forza e la voglia di Mosca di rischiare una crisi maggiore per difendere Belgrado e soprattutto il suo prestigio internazionale, ma, per quest’ultimo aspetto, prima occorre avere una capacità militare convenzionale in grado di imporre la propria volontà, e per il momento la Russia ancora non ce l’ha se paragonata agli Usa ed al suo amico/nemico cinese, ma non bisogna commettere l’errore di sottovalutare (e nemmeno sopravvalutare) la capacità militare di Mosca che in questi ultimi 8 anni sta dimostrando lenti ma costanti progressi per cercare di colmare il divario che la separa dal livello qualitativo tecnologico occidentale.
Paolo Mauri