Roma, 15 mar – L’Università di Manchester dichiara guerra al vocabolario (e alla sanità mentale dei propri studenti) abolendo le parole “madre” e “padre”. La stessa fine sarà riservata alle parole “uomo”, “donna”, “anziano”, “diabetico”, “poliziotto”, “marito, moglie, fratello, sorella”. La motivazione è la solita: sono discriminanti e poco inclusive.
Le linee guida dell’Università di Manchester
E’ tutto qui, nero su bianco, contenuto nella “guida al linguaggio inclusivo” pubblicata sul sito dell’Università di Manchester il 10 marzo scorso. Tutti i professori saranno tenuti ad adeguarsi alle nuove linee guida. L’intento, spiega il corpo docenti promotore della trovata, è di «abbracciare e celebrare la differenza e il rispetto», «promuovere l’uguaglianza, la diversità e l’inclusione e fornire le stesse opportunità a tutti», «evitare pregiudizi, gergo o espressioni che escludono determinati gruppi in base a età, razza, etnia, disabilità, sesso o orientamento sessuale». Così, in quello che dovrebbe essere il tempio del sapere, si ghigliottina il linguaggio – di cui il sapere è fatto – in favore del nuovo, grigio, monodimensionale glossario imposto dal soviet politicamente corretto.
Anche la parola “vecchio” è discriminante
Così i termini “anziani”, “vecchi”, “pensionati”, “giovani” diventano fuorilegge: meglio over 65, over 75, teenager (tra i 13 e i 19 anni), giovani adulti (tra i 16 e i 24). Vietato parlare di «diabetici, portatori di handicap, persone che “soffrono di cancro”» eccetera, «non definiamo una persona o un gruppo in base alle disabilità o condizioni. Usiamo un linguaggio che si concentra sulle capacità, piuttosto che sui limiti. Usiamo termini come “persone disabili”, “persone che convivono col cancro”, “persone col diabete”…».
Viva il gender neutral
Imprescindibile il prospetto sui pronomi: il singolare e maschile-femminile “he/him/his/she/her/hers” è visto come pericolosamente poco inclusivo. E’ ormai noto che esistono 78 generi, a cui va a sommarsi il frattale di generi concepito dai disordini mentali del singolo. Va quindi soppiantato da un più rassicurante (per loro) e neutro “they/them/theirs”. Qui l’università di Manchester “suggerisce “di usare «termini neutri rispetto al genere, piuttosto che quelli che fanno distinzione di sesso», “uomini e donne”? Meglio “persone o individui”. “Marito e moglie” sono sessisti, meglio “partner”. “Brother e sister” diventano “sibling”. Addio a “madre e padre”. Diventano “genitori o tutori”, cioè “guardian”. Tutti i vocaboli che contengono la parola “man” (uomo) sono disgustosamente patriarcali e in quanto tali vanno messi al rogo. Per parlare di umanità si deve usare “humankind”, non “mankind”. Vanno in soffitta “chairman”, “policeman”, “spokesman”.
Insomma, la neolingua di orwelliana memoria fa il suo ennesimo ingresso in un’Università e con tanto di tappeto rosso. Forse varrebbe la pena ricordare ai professori – che spesso si mettono a 90 per il timore di offendere qualche giovane virgulto Lgbt, guadagnarsi la gogna social e perdere il posto di lavoro – che 1984 è un romanzo, non un manuale di istruzioni.
Cristina Gauri
3 comments
Da molto è difficile che rido, solitamente sorrido ma qui ho sghignazzato, lo ammetto.
Una volta ai somari l’ Università era preclusa, oggi i somari sono i maestri-professori….
Penso che il loro livello di acidosi è ben superiore a quelli che vogliono definire, sostanzialmente, delle persone dalla malattia costruttiva.
Per me è l’università di Manchester che deve essere abolita, o sono tutti pazzi o sono tutti ricchioni. In ogni modo va abolita.
Il termine “disabili” è già stato sostituito da tempo da “diversamente abili”; i termini al femminile non spariranno mai proprio grazie alla Gaystapo (provate a chiamare al neutro un mentecatto come Luxuria, e vi sistema lui, LOL)