Kasab, 27 mar – Dalla trincea turco-siriana si sentono i proiettili tra i seguaci di Al Qaida al-Nusra e le truppe regolari siriane. Dopo l’abbattimento avvenuto domenica scorsa dell’aereo siriano continuano le ostilità tra Damasco e Ankara.
Stavolta però al contrario di quanto è avvenuto domenica scorsa ad avere la meglio sono stati i siriani. Ancora una volta vediamo come questa guerra civile siriana sia eterodiretta da forze esterne che vogliono ribaltare l’ultimo baluardo del socialismo nazionale arabo.
Ma a chi giova destabilizzare un regime politico laico e pluriconfessionale nel cuore del Medio Oriente? Sicuramente a turchi, americani, israeliani and last but not least ai sauditi. Vediamo perchè.
Nessuno vuole una potenza autonoma, in eccellenti rapporti con Mosca che può garantire un presidio laico e nazionalista in una regione in cui lo scontro di civiltà deve essere all’ordine del giorno. Fin qui nulla di nuovo sotto il sole. Stavolta, però, nessuno si aspettava la resistenza dei siriani. Nessuna primavera araba, quindi, in quel di Damasco nonostante l’accerchiamento internazionale.
Non è servita neanche la presenza di miliziani stranieri provenienti da almeno 74 nazioni diverse. Altro che guerra civile! Il nemico è solo travestito da siriano. Tirando le somme il bilancio ad oggi è questo: tre anni di assedio, ottantamila morti e centomila profughi. Niente e nessuno finora ha rimosso Assad.
Arriviamo alla cronaca di questi giorni. Le milizie filoislamiche finanziate da Sauditi e Americani non bastano più. La guerra continua soprattutto ai confini turchi dove si consumerà l’ultimo colpo di coda della Nato contro la Siria. Gli scontri tra le forze governative ed i ribelli per il controllo degli snodi stradali del nordovest della Siria hanno provocato finora la morte di oltre 500 ribelli, secondo al-Watan, il giornale in lingua araba con base in Qatar.
“La battaglia è ancora in corso nella provincia di Latakia, ai confini con la Turchia, oltre 500 ribelli sono morti, molti Sauditi e Ceceni”, così riporta il giornale, aggiungendo che i ribelli non sono riusciti a prendere il controllo delle aree-obiettivo che avevano in mente e che invece dichiarano sui giornali. La battaglia per il controllo della provincia di Latakia, e precisamente della città di Kasab, vicino ai confini con la Turchia, è iniziata venerdì scorso quando moltissimi miliziani hanno oltrepassato il confine turco e si sono infiltrati nei territori siriani. L’artiglieria siriana sta bombardando le posizioni dei ribelli, distruggendo le postazioni dei lanciamissili. La battaglia di Latakia, che sta attirando l’attenzione dei giornalisti locali ed esteri, per il Presidente Bashar al-Assad è importante poiché è l’area di provenienza della sua famiglia e roccaforte della minoranza Alawita, un ramo degli Sciiti. Gli ultimi atti disperati di Erdogan mostrano la fragilità e l’ipocrisia delle politiche della Nato.
Al-Nusra, infatti, è un’organizzazione terroristica denunciata dal dipartimento di Stato degli Stati Uniti, rendendo così il governo turco colpevole di violazione delle leggi degli Stati Uniti e del diritto internazionale. Inoltre, in quanto membro della NATO da decenni, durante quest’ultima incursione nella vicina Siria, il ruolo della Turchia è a favore dei terroristi di Al-Qaida. Li ospita nel suo territorio e fornisce loro supporto materiale anche con la sua forza aerea. La NATO nel frattempo combatte “Al-Qaida” in Afghanistan. Ciò mostra ulteriormente la profonda ipocrisia atlantica che mina profondamente la legittimità della NATO e di ogni suo membro. Il risultato, però sic stantibus rebus è uno: l’occidente ha diretto un torrente di denaro, armi, attrezzature e anche combattenti stranieri oltre i confini della Siria fin dal 2011, senza alcun risultato.
Insomma, si scrive Siria, si legge Vietnam.
Salvatore Recupero