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La Nato ordina all’Italia di restare in Afghanistan

by Paolo Mauri
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Afghanistan Nato ItaliaRoma, 22 ott – In occasione della presentazione dell’esercitazione “Trident Juncture” avvenuta l’altro ieri a Trapani, il generale americano Philip Breedlove, comandante in capo della Nato in Europa, ha affermato che l’Italia continuerà il proprio impegno in Afghanistan sino alla fine della missione.

Afghanistan: prolungata la missione

L’Italia al momento schiera circa 780 militari impiegati nell’operazione “Resolute Support” col compito di fornire addestramento e assistenza alla forze afghane senza interventi di combattimento. Il contingente previsto di 500 uomini è stato aumentato per fare fronte al progressivo disimpegno di altre nazioni, ma al momento non è previsto un rafforzamento ulteriore; gli stessi Stati Uniti, a fronte di una prima decisione di graduale smobilitazione dall’area, hanno stabilito di prolungare la missione a oltre il 2016. A fianco degli americani, oltre ai nostri soldati, ci sono attualmente anche soldati tedeschi e turchi con rispettivamente circa 850 e 500 effettivi.

La notizia ha destato abbastanza scalpore in quanto, come fa sapere il ministero della Difesa in una nota, “nessuna comunicazione é stata inoltrata alla Nato circa la proroga della presenza del contingente italiano in Afghanistan” anche se 4 giorni fa, a Venezia, il Presidente del Consiglio Renzi aveva ammesso che “Stiamo valutando in queste ore la richiesta americana di proseguire un altro anno”.

Al netto delle considerazioni politiche (il prolungamento della missione sarà sicuramente approvato in Parlamento dato non sono previsti aumenti del contingente ed i fondi sono stati già stanziati), l’intervento del generale Breedlove dal palco di Trapani fa riflettere aprendo due possibili chiavi di lettura.

La prima è quella del ruolo subalterno, per non dire di peggio, che ha l’Italia nel quadro dell’Alleanza Atlantica, che negli ultimi lustri spesso è diventata uno strumento dei soli interessi americani: abbiamo il comandante in capo della Nato in Europa che tranquillamente comunica la decisione di farci prolungare la missione in Afghanistan infischiandosene delle procedure parlamentari, che, benché macchinose e spesso espressione della decadenza della nostra Repubblica, rappresentano comunque lo strumento della nostra sovranità nazionale.

La seconda, forse più fantasiosa ma nemmeno troppo, è quella che il Presidente del Consiglio in realtà abbia già fatto accordi personali, si sia fatto garante del mantenimento della nostra presenza in Afghanistan, tanto il passaggio alla Camera e al Senato della legge sul rifinanziamento è pura formalità, e per non irritare l’alleato d’oltre Atlantico si può anche soprassedere a certe questioni meramente burocratiche.

Congetture che forse lasciano il tempo che trovano ma che potrebbero avere un riscontro nella reazione un po’ stizzita da parte del Ministero della Difesa.

Quello che invece è certo è il cambiamento di politica degli Stati Uniti, che dopo un iniziale e crescente disimpegno da molte aree calde del mondo (Estremo Oriente escluso) voluto fortemente dall’amministrazione Obama, stanno facendo un graduale dietro-front. Questo cambio di rotta, che ha portato non solo al prolungamento dell’impegno militare in Afghanistan (sebbene con forze limitate), ma anche all’aumento degli effettivi in Europa e a una rinnovata campagna aerea in Iraq, riteniamo sia dovuto principalmente alla nuova politica intrapresa dalla Russia, che si sta riproponendo come un forte protagonista della scena mondiale in particolare nei vecchi teatri che si ritenevano di secondaria importanza: Europa e Medio Oriente.

Paolo Mauri

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