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“Dalla parte sbagliata del Paradiso”: i veterani di guerra e il dramma del rientro

by La Redazione
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Roma, 13 dic – Nel 2014 Clint Eastwood ha commosso le sale di tutto il mondo con il suo “American Sniper”, la biografia del cecchino americano Chris Kyle. Il Navy Seal impegnato nel conflitto in Iraq divenne una celebrità, sia in patria sia tra le fila dei suoi nemici che gli conferirono il soprannome de “Il diavolo di Ramadi”: 255 iracheni uccisi dei quali 160 confermati dal Pentagono sono il palmares di “The Legend”, una vera e propria macchina da guerra. Eppure Kyle sentiva che qualcosa non andava. Seduto in divano con i figli, con la moglie, alle partite di football ricordava, anzi riviveva gli orrori del conflitto.

Kyle soffriva di PTSD, un disordine post traumatico da stress che, come lui, colpisce quasi 500mila veterani di guerra. A volte questa patologia può causare, negli individui affetti, rapide variazioni d’umore che possono portare anche a manifesta violenza. È il caso di Esteban Santiago, veterano ispano-americano del conflitto in Iraq che lo scorso 7 gennaio, all’ aeroporto di Ft. Lauderdale in Florida, aprì il fuoco sui passeggeri causando la morte di cinque persone e ferendone otto. Lo stesso Kyle morì assieme al suo compagno d’armi Littlefield, assassinati entrambi da Eddie Ray Routh, con il quale i due SEALs volevano fare qualche tiro al poligono e discutere dei disturbi causatigli dalla guerra, dei suoi problemi e di quello che provava una volta tornato a casa. Insomma, il loro intento era quello di aiutare il loro compagno come avevano fatto mesi prima sul fronte in Iraq. Kyle lo ripeteva continuamente alla moglie e ai medici: ciò che lo turbava non erano i rimorsi tanto per aver ucciso qualcuno, ma quanto per non aver salvato abbastanza suoi commilitoni dalla morte.

La condizione dei veterani di guerra è molto precaria. Il mito del ritorno glorioso, con l’immagine della moglie che apre la porta di casa e abbraccia il marito ancora vestito con l’uniforme, entrambi con le lacrime agli occhi, è una fortuna spetta a pochi: sono 300mila i soldati che tornano in patria ma non hanno più una casa mentre sono più di un milione quelli che la stanno per perdere. I motivi sono i più disparati: dalla mancanza di fondi all’instabilità socio – mentale del cliente che porta le agenzie a privarlo della dimora. Il 67% dei combattenti hanno perso casa dal 2011 al 2014.

American Sniper mostra quanto fosse difficile la convivenza tra Chris e la moglie. Il marito non era mai in casa, era sempre al fronte, non parlava, guardava continuamente filmati di guerra e restava impassibile di fronte alle frivolezze della vita, le considerava semplici “baggianate” per chi non sa cosa significhi vivere in un Paese che sta combattendo. I veterani di guerra perdono spesso, quindi, anche la famiglia: le coppie separate sono aumentate del 42% negli ultimi anni.

Questa può essere vita? Persone che – al netto del giudizio sui conflitti americani – hanno combattuto al servizio della loro patria si sono visti portar via tutto, dalla moglie ai figli ai parenti e molti ancora la casa, i ricordi, gli affetti. Sono continui i casi di arresto di ex combattenti che sfogano la loro rabbia in strada e non sono eccezioni gli eventi di aggressione più o meno grave: in Inghilterra il 10% quasi dei carcerati è composto da veterani di guerra.

Chi non riesce a continuare una vita di stenti preferisce farla finita definitivamente con le sue stesse mani. Ogni anni muoiono in media 5mila soldati, uno circa ogni due ore. Esistono svariate agenzie e società che aiutano gli ex soldati che hanno perso tutto  e anche alcuni artisti del mondo della musica si sono schierati a difesa dei veterani. È il caso della metal band statunitense Five Finger Death Punch che ha composto la canzone “Wrong Side of Heaven”, una power ballad che porta sulle note il dolore e la desolazione di questi cani randagi.

Tommaso Lunardi

 

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nemesi 14 Dicembre 2017 - 3:02

per capire meglio il fattore economico qui esposto,andrebbe a mio modesto avviso ricordato che un soldato semplice con meno di due anni di servizio non guadagna molto: sono mediamente 20.000 USD all’anno (circa 1.400 euro per 12 mensilità);

i turni minimi di missione fuori area sono di almeno 12 mesi con due settimane di licenza totali; tuttavia quasi tutti cercano di farne altri sei,perchè è uno dei fattori che portano ad un leggero scatto di grado (e ad un relativo aumento di paga).

da aggiungere una precisazione: è di appena 190 euro MENSILI (225 USD) l’indennità chiamata “hostile fire and imminent danger” che viene data solo ed ESCLUSIVAMENTE a chi fuori area conduce operazioni militari con conflitto a fuoco; significa che se in Afghanistan vai a fare fotocopie non la ricevi per niente.

immaginarsi quindi,la situazione di tornare dopo un anno e mezzo a casa dopo aver schivato pallottole (oltre 2.300 i Caduti Statunitensi in Afghanistan,20.000 i Feriti) e nemmeno tanti soldi in tasca.

da ricordare a questo proposito che ai tempi della guerra in Vetnam a fronte di circa 60.000 Statunitensi uccisi in Sud Est Asiatico,il numero dei suicidi dei Veterani negli anni a seguire fu tragicamente pari quasi della metà (!) di quei Caduti.

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