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A processo l'”attivista pro immigrati” svedese. Bloccò il rimpatrio di un criminale afgano

by Ilaria Paoletti
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Goteborg, 4 feb – Inizia oggi il processo che vede imputata Elin Ersson, la donna svedese che, a luglio scorso, ha cercato di bloccare il rimpatrio di un criminale afgano rifiutandosi si prendere posto e sedersi su un volo della Turkish Airlines.
La Ersson, 21 anni, è accusata di aver violato le leggi sull’aviazione: non ha infatti rispettato ordini dell’equipaggio della linea aerea turca prima del decollo dall’aeroporto di Landvetter (Goteborg).

La giovane attivista pro “migranti” aveva appositamente acquistato un biglietto per il volo con scalo ad Istanbul: l’intenzione era quella di impedire quella che lei una “deportazione” di un uomo originario dell’Afghanistan di ventuno anni che, tuttavia,  era già partito con un altro volo. Ma la nostra eroina non si è persa d’animo: è finita (premio alla coerenza) col bloccare invece l’espulsione di un altro afgano, un criminale condannato per violenza privata, di 52 anni.

La Ersson ha naturalmente mandato una diretta in onda durante il tentativo di sabotaggio (perchè si sa che gli attivisti dei “diritti umani” non possono fare nulla che non riceva immediato feedback positivo sui social): in tale filmato è possibile vederla discutere con i passeggeri scontenti e con il personale che le ordina di prendere posto.
Nel video è anche possibile vedere un passeggero (comprensibilmente insoddisfatto) cercare di toglierle dalle mani lo smartphone e la Ersson chiedergli istericamente: “Cosa è più importante, una vita o il tuo tempo?”.

L’interruzione del volo ha ritardato pesantemente il decollo: alla fine sia lei che l’afgano (e le guardie di sicurezza a lui assegnate) sono stati fatti scendere dall’aereo.
La Ersson, in maniera tragicomica, sostiene di non essere a conoscenza del fatto che 52enne fosse un criminale condannato. Non solo: non paga dei disagio arrecati e dell’errore madornale, si è giustificata infatti sostenendo che scontare la pena in Afghanistan equivale ad una “condanna a morte”.
Qualora venisse condannata potrebbe dover scontare sei mesi in carcere con una pena pecuniaria aggiuntiva: almeno potrebbe sperimentare di persona il “calvario” patito dal criminale afgano.

Ilaria Paoletti

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4 comments

Raffo 4 Febbraio 2019 - 9:58

Idiota e miserabile comunistoide.

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Filippo 4 Febbraio 2019 - 10:05

Guardatela nella foto, vi sembra una faccia di una persona normale? Equilibrata? No, esprime un ghigno ansiogeno, sofferente, tipico di una demente affetta da turbe psichiche gravi, una di quelle che vediamo urlare sguaiatamente nelle piazze contro i fascisti, che difendono in ogni momento gli immigrati solo perché non italiani , una di quelle che nel ’45 aggredivano e aizzavano la sordida folla macellaia contro i militi e i militanti della R.s.i. o sospettati di essere tali, lo stesso ghigno, la stessa genia!

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Roberto 4 Febbraio 2019 - 10:31

Com’è che queste attiviste sinistroidi sono tutte dei cessi? Fanno di tutto per non essere femminili, si vestono sciattamente con delle palandrane dai colori smorti, tagli di capelli fatti in casa, occhialoni da intellettualoide il tutto tenuto insieme da una spocchia e da una acidità che le rende indesiderabili anche per uno appena uscito dopo anni di galera.

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Gianni 4 Febbraio 2019 - 11:12

Spesso questi esaltati sono parte di organizzazioni fuorilegge.Molto spesso sono solo degli imbecilli travestiti da eroi,la cui esistenza insignificante è nobilitata dal fastidio e dal disturbo dato agli altri umani.

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