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«Pronomi femminili per studenti trans? Non è un obbligo». La rivincita del prof licenziato

by Elena Sempione
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Washington, 29 mar – Nel mondo dominato dal politicamente corretto, dove qualsiasi atto diventa potenzialmente «discriminatorio», può succedere che un professore universitario venga licenziato in tronco dal suo ateneo per non aver chiamato «signora» una studentessa transessuale nata biologicamente uomo. È quello che è successo a Nicholas Meriwether, docente di filosofia presso la Shawnee State University, in Ohio. Il prof, infatti, si era rifiutato di rivolgersi a un trans che frequentava il suo corso usando il pronome femminile. Per tutta risposta, l’ateneo lo aveva sospeso dall’insegnamento.

Il prof e la trans

Tutto era iniziato nel 2018, quando la studentessa trans aveva intimato al prof di chiamarla «signora», perché questa, appunto, è la sua «identità di genere». Tuttavia, il docente si era rifiutato, e aveva pertanto iniziato a chiamarla semplicemente per cognome. Dopo vari solleciti, l’ateneo ha aperto un’inchiesta, la quale si è conclusa con la seguente accusa: Meriwether avrebbe creato nel suo corso un «ambiente ostile» alle persone transessuali. Di qui la sospensione dall’insegnamento. Il docente, però, non si è arreso. Cristiano praticante, il prof ritiene che l’obbligo di chiamare al femminile un trans nato uomo contravvenga alle sue convinzioni religiose e che, inoltre, la decisione dell’università violi apertamente il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America, cioè quello che tutela il diritto alla libertà di espressione e di religione.

«È conformismo ideologico»

E sembra pensarla proprio così anche Amul Thapar, il giudice che ha accolto il ricorso del docente di filosofia. In un pronunciamento di ben 32 pagine, infatti, il togato ha spiegato che la Shawnee State University «ha punito Meriwether per le sue opinioni su un tema controverso». Inoltre, il giudice ha specificato che le prove fornite dall’ateneo non dimostrano in alcun modo che la studentessa trans avrebbe tratto uno svantaggio dalla condotta del prof incriminato, visto che ha sempre ottenuto ottimi voti. «Se ai docenti manca la protezione della libertà di espressione – ha spiegato il giudice – l’università potrebbe avere il potere allarmante di imporre un conformismo ideologico. Un rettore potrebbe chiedere a un pacifista di dichiarare che la guerra è giusta o a un credente di negare l’esistenza di Dio. E questo non può accadere».

Leggi anche: Al liceo Ripetta gli studenti trans potranno scegliere il proprio nome «di transizione»

Il pronunciamento di Thapar ha così ribaltato la sentenza del giudice di primo grado, che nel febbraio 2020 aveva archiviato la causa. Esulta quindi John Bursch, legale dell’Alliance Defending Freedom che ha preso le difese di Meriwether: «Nessuno dovrebbe essere costretto a contraddire le proprie convinzioni fondamentali solo per mantenere il proprio lavoro». A questo punto, il procedimento dovrà essere di nuovo discusso presso la Corte di Cincinnati.

Elena Sempione

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