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Ma è Washington o Pyongyang? Media genuflessi alla propaganda di Obama

by Adriano Scianca
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obamaRoma, 2 gen – Gli scatti di Vladimir Putin che pesca o cavalca senza maglietta, in divisa da karateka o in abbigliamento da pilota di caccia da guerra suscitano da tempo il sarcasmo di molti commentatori liberal occidentali, convinti della superiorità del proprio modello di civiltà, in cui la politica si misura con le armi della ragione, rispetto ai popoli ancora “fanciulli”, a cui basta un goffo culto della personalità per adorare incondizionatamente i propri leader. La storia del culto della personalità verso i leader occidentali, invece, deve essere ancora scritta.

Eppure di materiale ce ne sarebbe. In questo senso, l’elezione alla Casa Bianca di Barack Obama ha segnato il franare di ogni freno inibitorio da parte della stampa democratica. Del resto non c’è da stupirsi, visto che parliamo di uno che ha vinto il premio Nobel esclusivamente a causa della propria pigmentazione (cosa che, curiosamente, non viene ritenuta razzista, ma al contrario addirittura “antirazzista”). È quindi forse poca cosa, al confronto, la galleria di foto diffusa da Pete Souza, fotografo ufficiale della Casa Bianca, eppure anche in questo caso i media hanno fatto a gara per rilanciare gli scatti cercando di bruciare la più ampia quota possibile di decenza.

Vediamo quindi il presidente Usa in una serie di pose “spontanee”, per esempio mentre gioca nell’ufficio ovale con dei bambini, ovviamente senza far caso al fatto che a due metri da lui c’è un uomo con una macchina fotografica.

Del resto la vita del presidente americano è così: ora spupazzi un marmocchio, un secondo dopo stai fomentando una primavera araba che poi si rivelerà magicamente essere una piattaforma per lo jihadismo internazionale. La didascalia di Repubblica alla gallery, in ogni caso farebbe impallidire i cronisti nordcoreani: “La selezione di Souza però ha il merito di pennellare non solo l’Obama politico e diplomatico, ma offre uno spaccato anche del suo privato. Una galleria di dettagli fatta di sguardi, spontaneità, gesti ed emozioni ‘rubati’ durante incontri ufficiali (e non) a Washington e in giro per il mondo, o, ancora più intimamente, assieme alla moglie e alle figlie”. Che bello vivere in un mondo libero…

Adriano Scianca

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