Roma, 21 ott – Talvolta anche i piccoli i Davide riescono nell’impresa di vincere contro i Golia. In un’epoca nella quale le grandi multinazionali del Mondialismo fanno il bello e il cattivo tempo, spesso e volentieri a danno del mondo tradizionale, anche gli antichi alfieri delle piccole patrie riescono ad ottenere giustizia. E’ quanto sta avvenendo in queste ore in Messico, dove la catena di moda statunitense, Ralph Lauren, è stata accusata di plagio dalla moglie del presidente del Paese, Beatriz Gutiérrez. A dire il vero, in Messico questo non è però un caso isolato; negli ultimi anni il Paese dell’America centrale ha infatti rivolto già denunce simili ad altri grandi marchi della moda.
Le scuse ufficiali di Ralph Lauren
Dal canto suo, già anticipatamente avvisato, Ralph Lauren si è detta “sorpresa” nel vedere l’indumento in questione ancora in vendita. Mesi prima infatti il brand aveva emesso agli store una “severa direttiva” per rimuoverlo. In una dichiarazione, la Ralph Loren ha affermato che sta lavorando per scoprire come mai il prodotto è finito in vendita e che è “profondamente dispiaciuta che sia successo”. L’agenzia di stampa Reuters ha riferito di aver trovato lo stesso articolo venduto online per centinaia di dollari e non c’è da stupirsi; avendo infatti ritirato il capo dal mercato, lo stesso ha acquisito, nelle contorte logiche del mercato della moda, ancora più valore dettato dalla propria rarità.
La crociata tradizionale della first lady messicana
Nel suo post su Instagram, la signora Gutiérrez ha condiviso l’immagine di un indumento lungo che presentava strisce e motivi tradizionali, con un’etichetta “Ralph Lauren”, appeso in un negozio. Anche se il marchio ama i design ispirati alle tradizioni tessili indigene, come la first lady ha avvertito: “copiare” questi schemi era una questione di plagio, che ha descritto come “illegale e immorale”. Scrittrice e ricercatrice, Gutiérrez ha sottolineato che la multinazionale si è appropriata del design degli indumenti tradizionali indossati dai popoli Contla e Saltillo e, per questo motivo, ha chiesto un risarcimento che andrà direttamente alle comunità indigene.
Anche il ministro messicano della Cultura contro il brand americano
Anche il ministro messicano della Cultura, Alejandra Frausto, ha fortemente criticato la scelta dell’azienda statunitense, descrivendola come un caso di “appropriazione culturale”. La frase è usata per riferirsi a un’incidenza quando una particolare tradizione, come un’acconciatura o un abbigliamento, è presa da un gruppo emarginato e usata in modo diverso da una cultura dominante. Nella sua risposta, Ralph Lauren ha sottolineato che già lo scorso giugno prometteva maggiore “credito e collaborazione” per i nuovi capi che utilizzavano motivi indigeni dell’estate 2023, approfondendo la sua “formazione sulla consapevolezza culturale” e ampliando il suo lavoro con le comunità indigene.
Le vittorie etiche messicane su Usa, Cina ed Europa
Questo tipo di sfruttamento culturale emerge spesso nell’industria della moda e Ralph Lauren è solo l’ultimo marchio globale ad affrontare le accuse dei governatori messicani. Lo scorso luglio, il rivenditore cinese Shein è stato diffidato a causa di un prodotto che, secondo il Messico, utilizzava i design della comunità Maya. Anche in questo frangente, i funzionari messicani hanno spinto l’azienda a ritirare il prodotto dalla vendita. Ma Usa e Cina non sono certo le uniche grandi potenze ad accusare i fendenti etici ed economici del Messico… Zara, Mango e Anthropologie sono tra le numerose altre etichette occidentali ad essere state prese di mira e, nel 2020, anche la celebre designer francese Isabel Marant si è dovuta scusare in seguito alle accuse di appropriazione indebita. La lunga scia di vittorie messicane per la difesa delle proprie tradizioni, arriva anche dopo che, all’inizio di quest’anno, il Messico ha approvato una legge che si impegna a garantire maggior protezione agli indigeni del Paese.
Difendiamo l’Italia sull’esempio messicano
Plaudendo a queste nobili vittorie messicane, non possiamo però esimerci dal commentare con non poca invidia la situazione di casa nostra. In Italia vige ormai da anni una situazione interamente ingabbiata in un modello capitalista imperante. Ogni singolo elemento, importante, caro o sacro alla nostra antica terra, viene puntualmente plagiato, storpiato o deriso dai titani del mercato globale. Ma la colpa è solo la nostra! Dobbiamo smettere di indicare solo i “nemici” di oltre confine, iniziando a guardare ai responsabili che occupano impropriamente le nostre sedi istituzionali, le testate giornalistiche, i salotti televisivi e il nostro stesso suolo. Abbiamo “denominazioni di origini controllate” sulle eccellenze enogastronomiche, nell’ambito della moda o dell’arte; ma sarebbe ora che, proprio seguendo questo esempio messicano, coloro che governano si adoperino per tutelare le nostre tradizioni e la faccia stessa della nostra Nazione.
Andrea Bonazza