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“Rischi di scontri con la Nato”: il monito russo e i negoziati invisibili

by Eugenio Palazzini
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Russia Nato, scontri

Roma, 2 mar – “Non si possono escludere incidenti con la Nato che potrebbero degenerare in scontri”. Così il il viceministro degli Esteri russo, Alexander Grushko, citato dall’agenzia Interfax.

Scontri con la Nato e spettro guerra mondiale

“I rischi, ovviamente, sorgono. E, naturalmente, siamo estremamente preoccupati per l’argomento del programma di fornitura di armi” a Kiev”, dice ancora Grushko. “Tutto in questa situazione è molto pericoloso. Non ci sono garanzie che non ci saranno incidenti, non ci sono garanzie che questi incidenti possano degenerare in una direzione del tutto inutile, ma ovviamente pensiamo che, se la Nato dice che non ha piani o intenzioni, qualsiasi manifestazione di ragionevolezza, indica che c’è ancora, almeno almeno un po’ di sanità mentale che è presente nelle azioni della Nato”.

In tutto questo si inserisce il monito del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov: “La terza guerra mondiale sarebbe atomica e distruttiva”. Per alcuni suona già come una minaccia, a ben vedere è meramente un drammatico dato di fatto. “Gli ucraini hanno scelto il loro governo, ma questo dovrebbe rappresentare tutte le nazionalità presenti in Ucraina. La Russia non permetterà all’Ucraina di acquisire armi nucleari. La Russia ha molti amici e non può essere isolata”, dice ancora Lavrov.

I negoziati invisibili e la chiave Crimea

“Mosca è pronta a secondo round dei negoziati con Kiev, ma la parte ucraina sta prendendo tempo in linea con le istruzioni degli Usa”. In ogni caso “la Crimea fa parte della Russia e non è oggetto di discussione”. Da queste lapidarie parole di Sergej Lavrov, citato dalla Tass, si comprende al contempo quanto sia difficile ritenere fattibile una svolta diplomatica a stretto giro. Mosca non è disposta a trattare sulla Crimea e sul Donbass, che considera ormai parte integrante della Federazione Russa. Allo stesso tempo il governo di Kiev non è disposto ad accettare di perdere definitivamente quei due territori. Sono entrambi strategici per svariati motivi, uno su tutti: il controllo delle uniche acque tiepide a disposizioni di entrambe le nazioni, ovvero quelle del Mar Nero. Ed è anche per questo che la Turchia non si allinea alle sanzioni internazionali, sa bene che è in gioco il dominio sulla porta del Mediterraneo, sa che potrebbe complicarsi la tenuta del Bosforo, sa che la Russia ha un conto aperto da secoli con le mire (neo)ottomane.

Adesso è soprattutto la penisola calda, collegata alla terraferma dall’istmo di Perekop, a sembrare il punto meno trattabile dei negoziati. Alla luce di questo resta oscuro il terreno comune su cui trattare per evitare la deflagrazione. Dmitrij Peskov, il portavoce di Vladimir Putin, si è persino detto scettico sulla presenza ucraina al tavolo. “Per prima cosa bisogna vedere se i negoziatori ucraini ci saranno o no, i nostri saranno lì pronti a sedersi al tavolo dei negoziati”, ha dichiarato Peskov, sostenendo che “questa sera la nostra delegazione sarà nel luogo scelto ad aspettare i negoziatori ucraini. La nostra delegazione p pronta a continuare i colloqui durante la notte”. Alla fine i negoziati verosimilmente si terranno, non si sa esattamente dove ma si terranno. Ammesso però che sia quello il tavolo su cui si tratta seriamente, e non un altro tenuto opportunamente nascosto dalle rispettive diplomazie, in questo momento nessuno pensa davvero che i colloqui in questione siano risolutivi e che dunque si arrivi a un cessate il fuoco immediato.

Eugenio Palazzini

 

 

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