Roma, 18 giu – Dopo aver annunciato via Twitter, come di consueto, la sconfitta dell’Isis, lo scorso dicembre Donald Trump disse senza mezzi termini che avrebbe avviato il ritiro dei soldati americani dalla Siria. Poche cose però caratterizzano il presidente degli Stati Uniti come i tweet, i capelli e soprattutto le continue contraddizioni. Non a caso, pochi giorni dopo il pomposo annuncio, cambiò idea (probabilmente in seguito alle pressioni di molti generali e consiglieri militari) e decise di non attuare quella rapida rimpatriata che aveva promesso. Per non passare da cantastorie poco credibile, pensò però a un’altra sparata delle sue: il ritiro non totale ma comunque “importante” dei soldati Usa dall’Afghanistan. Uscita che provocò le dimissioni del capo del Pentagono, Jim Mattis.
Il disimpegno nei conflitti globali di Trump resta comunque al centro della sua agenda politica, o per meglio dire elettorale. Dunque il tycoon non può permettersi troppe giravolte a riguardo, consapevole che l’implicito intento di rispolverare l’isolazionismo americano gli ha portato non pochi consensi. Eppure la crisi con l’Iran, che ha contribuito a creare ed esasperare in prima persona proprio con le sue prese di posizione, lo ha portato ancora una volta a rivedere i suoi piani. Certo, potremmo pure dire che probabilmente alzare i toni dello scontro nascondeva proprio questa intenzione, ma restiamo ai fatti.
“L’Iran minaccia gli interessi americani”
Il Pentagono ha reso noto ieri che invierà altri mille soldati in Medio Oriente, a “scopo difensivo” e per il “comportamento ostile” di Teheran che “minaccia gli interessi americani nell’area”. Un dispiegamento di forse consistente autorizzato dal segretario alla Difesa pro tempore, Patrick Shanahan. Il lato “positivo” è che stavolta almeno Washington non ha tirato fuori improbabili scuse come le armi chimiche o l’intervento umanitario, parlando esplicitamente di tutela dei propri interessi.
“Ho autorizzato ulteriori 1.000 truppe per scopo difensivo per affrontare le minacce in Medio Oriente”, ha detto Shanahan. “I recenti attacchi iraniani validano l’intelligence che abbiamo ricevuto sul comportamento ostile delle forze iraniane, che minacciano il personale e gli interessi americani nell’area“, ha spiegato il segretario alla Difesa pro tempore. A ben vedere non si tratta però di un fulmine a ciel sereno, visto che già a maggio scorso Trump aveva inviato altri 1.500 militari, sempre in Medio Oriente.
Eugenio Palazzini