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Scaricati dagli Usa, curdi nel mirino della Turchia: in ballo le trattative su Svezia e Finlandia nella Nato

by Andrea Bonazza
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Roma, 26 mag – Impiegati innumerevoli volte come mercenari, dal genocidio armeno di inizio secolo scorso fino alla più recente guerra in Siria, nel corso della storia contemporanea i curdi sono stati sempre utilizzati per il lavoro sporco sia da Oriente che da Occidente, garantendo interessi geopolitici terzi. È risaputo come nella guerra siriana i movimenti estremisti armati curdi, Pkk e Ypg in testa, abbiano collaborato con le forze ribelli. Il doppiogiochismo curdo ha legato però soprattutto, negli ultimi anni, con gli Usa insieme ai quali, nel completo silenzio mediatico, controllano la depredazione americana del petrolio siriano nelle aree nord-orientali del Paese.

Così la Turchia torna a prendere di mira i curdi

Oggi, in quello che si spera sia il tramonto di questo conflitto che vede finalmente le forze militari di Bashar al-Assad riconquistare quasi interamente l’antico territorio siriano, sembra arrivare per i curdi l’ennesimo tradimento dal padrone di turno. La mazzata per i curdi giunge ancora una volta da Ankara, dove il governo turco sta opponendosi all’entrata nella Nato di Svezia e Finlandia. I due Paesi scandinavi stanno infatti discutendo in questi giorni con la Turchia riguardo la loro adesione al Patto Atlantico ma, quest’ultima – membra sì della Nato ma che in più occasioni si è mostrata quantomeno comprensiva con le politiche di Mosca riguardo le sanzioni e l’attuale guerra in Ucraina – sembra non volerne proprio sapere.

Da battitore libero qual è all’interno delle forze atlantiche, infatti, Erdogan ha rilanciato l’ipotesi scandinava con il sacrificio delle milizie curde del Rojava, nel nord-est della Siria. “Presto faremo nuovi passi riguardo alle porzioni non ancora completate del progetto che abbiamo avviato per la formazione di una zona di sicurezza profonda 30 chilometri sul nostro confine meridionale”, ha dichiarato pubblicamente il governatore turco al termine di una riunione di gabinetto. Con il ritiro della coalizione anti Assad sostenuta dall’allora presidente della Casa Bianca Donald Trump, alcuni territori appartenenti alla Siria ma popolati da curdi vennero già prepotentemente inglobati dalla Turchia. Le dichiarazioni di Erdogan hanno trovato riscontro in queste ore anche nelle preoccupazioni del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e del portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price.

I timori Usa

Gli Usa hanno comunque espresso le proprie perplessità sulla situazione che va via via verificandosi lungo il confine turco-siriano, zone in cui le truppe statunitensi sono ancora presenti con un migliaio di unità. “Siamo profondamente preoccupati per i rapporti e le discussioni sul potenziale aumento dell’attività militare nel nord della Siria e, in particolare, per il suo impatto sulla popolazione civile locale”, ha dichiarato il portavoce americano Price in seguito alle ultime dichiarazioni turche. “Gli Stati Uniti riconoscono le legittime preoccupazioni per la sicurezza della Turchia al confine meridionale, ma qualsiasi nuova offensiva minerebbe ulteriormente la stabilità regionale e metterebbe a rischio le forze americane e la campagna della coalizione contro l’Isis”.

Al momento dunque, nessun accordo è stato ancora siglato tra Svezia, Finlandia e Turchia in questa partita ma, come ha dichiarato il portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin, il dialogo tra i tre stati continuerà seguendo l’obiettivo “ottomano” di bloccare il sostegno ai gruppi che la Turchia considera terroristici, tra i quali i curdi di Pkk e Ypg, nonostante essa stessa, secondo alcune fonti internazionali, si sia più volte servita dei servigi di Al-Qaeda e altri gruppi jihadisti.

Andrea Bonazza

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