Edimburgo, 18 set – In principio fu il Vallo di Adriano. Un’imponente fortificazione che correva dal Mare d’Irlanda al Mare del Nord fatta costruire dall’imperatore in meno di sei anni a partire dal 122 d.C. per segnare il confine tra la provincia romana della Britannia e la Caledonia, evitando così di doversi preoccupare dei continui attacchi condotti dalle tribù del nord. Quasi duemila anni, svariate guerre, patti e annessioni dopo, come uno scherzo del fato lo storico confine potrebbe risorgere dalle macerie. Oggi infatti gli scozzesi votano un referendum che, in caso di vittoria del sì, decreterebbe l’indipendenza dell’antica Caledonia già narrata da Tacito nell’Agricola. Un’eventualità che, stando alle prese di posizione ufficiali, fa inorridire com’è ovvio la corona britannica ma non sembra entusiasmare neppure banche e grandi gruppi industriali. Per il FMI si prospetterebbe un “impatto negativo sui mercati”, la Goldman Sachs agita gli spauracchi di “crisi monetaria” e “svendita degli asset strategici”, i colossi petroliferi Shell e BP ritengono che l’indipendenza causerebbe la perdita di miliardi di sterline di investimenti programmati.
Scenari che non sembrano spaventare i nazionalisti scozzesi che parlano esplicitamente di “intimidazioni”, mentre una vecchia volpe provocatoria come Jim Silars, ex leader dello Scottisch National Party, ha dichiarato con tono caustico: “la British Petroleum imparerà il significato della parola nazionalizzazione”.
Ma vediamo nel dettaglio cosa accadrebbe realmente se vincesse il sì.
– Petrolio: il 90% del petrolio prodotto dalla Gran Bretagna, circa 1 milione di barili al giorno, è in acque territoriali scozzesi. Una risorsa enorme considerando che in Europa solo la Norvegia ne produce di più (circa 1,8 milioni) che secondo le stime degli indipendentisti garantirebbe entrate fiscali pari a 57 miliardi di sterline in quattro anni.
– Moneta: gli indipendentisti sono pronti a mantenere la sterlina, almeno per qualche anno, ma il governatore della Banca d’Inghilterra Mark Claney è stato lapidario: “un’unione monetaria è incompatibile con la sovranità scozzese”. Si aprirebbe quindi un bel problema per l’Ue.
– Forze armate: la prima bozza della Costituzione scozzese è già stata scritta, e già di per sé rispetto al common law anglosassone è una novità, e il disarmo nucleare occupa un intero capitolo. La rimozione degli armamenti per gli indipendentisti è una priorità per garantire la sovranità nazionale, per quanto Londra sostenga che uno spostamento implicherebbe costi elevatissimi e un difficile ricollocamento dei sottomarini. Intanto i nazionalisti di Edimburgo auspicano la costituzione di forze armate nazionali basate sugli attuali reggimenti scozzesi che fanno parte dell’esercito britannico.
-Parlamento: verrebbe chiaramente costituito un nuovo Parlamento e i 59 deputati scozzesi abbandonerebbero Westminster. Considerando che soltanto uno di questi è conservatore, sarebbe un duro colpo per i laburisti.
– Regina: stando sempre alla bozza costituzionale disponibile online la regina rimane il capo dello stato e i cittadini scozzesi restano cittadini europei. Elisabetta per dovere costituzionale è neutrale e al momento non si pronuncia, ma la sensazione è che questo sarà un argomento caldo nei prossimi mesi se appunto la Scozia dovesse proclamare l’indipendenza.
– Sanità: uno dei temi più caldi e arma utilizzata in particolare dai sostenitori del no che paventano disastri. Il problema sembra però non porsi, considerando che il Servizio Sanitario Nazionale è già gestito autonomamente da Edimburgo per quanto riguarda gli scozzesi.
– Unione europea: gli indipendentisti intendono rimanere nell’Ue. Nonostante le perplessità di Londra, il primo ministro Alex Salmond è sicuro:“la Scozia ha il 60 per cento delle riserve di petrolio e di gas d’Europa. Dubito che l’Ue farebbe a meno di noi”.
Eugenio Palazzini